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Articoli di attualità politica e non solo a carattere nazionale e locale

venerdì 17 dicembre 2010

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO


IL DISCORSO DI BERSANI (sintesi)

Pd in piazza, Bersani: «Italia, vieni via con me...»
Come due anni fa al Circo Massimo oggi a San Giovanni presentiamo il volto di un grande Partito popolare. Siamo qui per dare un messaggio all’Italia. Un messaggio di fiducia e di cambiamento. Pensiamo che l’Italia sia ben migliore di ciò che le capita ormai da troppo tempo.
L’Italia deve cominciare a togliersi il berlusconismo dalle vene, deve scrollarsi di dosso un populismo personalistico, propagandistico e impotente.C’è da organizzare un grande sforzo collettivo, uno sforzo di cambiamento, dove chi ha di più deve dare di più. Ci vuole un cambio di passo. L’uomo solo al comando, il “ghe pensi mì” non può risolvere questo problema.Sarà finalmente ora di dire che se siamo arrivati a questo, c’è molto del nostro lavoro. E’ ora che ce lo riconosciamo noi stessi, se vogliamo che altri ce lo riconoscano. Solo due anni fa la scena era questa: una vittoria del centrodestra con una maggioranza senza precedenti nella storia recente del Paese; tutti ad omaggiare i vincitori, presupponendone l’eternità. Una sorta di pensiero unico che si diffondeva. L’opposizione a rischio di diventare il ricettacolo di tutte le frustrazioni e le impotenze, messa dal berlusconismo nell’angolo più difficile di tutte le democrazie mondiali.Noi non siamo caduti nel pensiero unico e nella frustrazione. Nonostante le difficoltà ci siamo sempre ritenuti un Partito di Governo momentaneamente all’opposizione.Abbiamo lavorato nella nostra autonomia, nella nostra distinzione, perché non andasse sprecato nessuno degli spazi critici che si aprivano verso il modello populista e berlusconiano.Ma, care democratiche e cari democratici, noi sappiamo bene che oltre la prossima settimana c’è un cammino davanti a noi e davanti all’Italia. Non si tratta solo di cambiare un Governo. C’è una fase della storia politica italiana da oltrepassare. C’è una questione di sistema da affrontare. Ormai sedici anni fa, dopo la caduta del muro e dopo tangentopoli, Berlusconi si affacciò nel vuoto e nel discredito della politica e propose una persona e un modello. Una scorciatoia personalistica contro l’inefficienza del sistema, l’oppressione dello Stato e della burocrazia, l’impotenza e le vergogne della politica. Promise più libertà e meno tasse, propagandò un modello individualista.Dopo sedici anni e quattro governi Berlusconi, possiamo tirare qualche somma: il bilancio è un disastro.Con la destra al governo più disuguaglianze, meno consumi, meno investimenti e più evasione fiscale, più corruzione e meno prospettive per i giovani.Con la destra al governo deperimento dell’etica pubblica, della dignità delle istituzioni; doppia morale per i potenti; stereotipi insultanti per la dignità della donna; condiscendenza verso il razzismo.Il governo ha fallito perché ha fatto solo propaganda. Hanno sempre bisogno di un nemico e generano così disunione, contrapposizione, tifoseria.Ancora una volta, qui da San Giovanni, rivolgo a loro una domanda: chi aveva ragione due anni fa, dopo le elezioni, quando bisognava impostare la politica economica della legislatura? Loro dicevano, Tremonti in testa, che non c’era problema e quindi regalarono un bengodi alla modica cifra di 4 o 5 miliardi ai possessori dei 100 miliardi fuggiti, evasi e riciclati col più vergognoso condono della storia, o quando buttarono via, a dir poco, una dozzina di miliardi fra Alitalia, abolizione dell’ICI ai più ricchi, soldi agli straordinari, abolizione della tracciabilità dei pagamenti.“Noi dicemmo invece: c’è la crisi, mettete quei soldi per abbassare le tasse sulle famiglie a reddito medio basso, per favorire i consumi, e usatei comuni per un grande piano di piccole opere che partono subito e possono dare lavoro”.Noi allora dicemmo: “c’è il problema. Date subito il messaggio giusto, fate subito la cosa giusta: mettete dei soldi per abbassare le tasse su famiglie e pensionati a reddito medio-basso per favorire i consumi e usate i Comuni per un grande piano di piccole opere che partono subito per dare un po’ di lavoro”.Avevamo ragione noi. Abbiamo sempre dovuto aggiustare i disastri della destra.Berlusconi si è ribaltato da solo. E adesso bisogna evitare che trascini l’Italia nel pozzo. Siamo arrivati ad una stretta politica. E che cosa fa Berlusconi davanti alla stretta? Fa la vittima. E’ davvero incredibile. Ha avuto tutto in mano, ha fatto tutto quello che voleva. Maggioranza galattica, legge elettorale ad personam, il più grande partito d’Italia inventato sul predellino di una macchina. Ha fatto tutto lui e adesso parla di ribaltone? Lui si è ribaltato, si è ribaltato lui, lasciandoci il problema che adesso non si ribalti anche l’Italia e che la sua crisi e il suo fallimento non trascinino il Paese nel pozzo. Questo è il problema! E questo problema dovremmo risolverlo oggi con una nuova campagna elettorale?Non ci arrendiamo al declino dell’Italia.Alla base del nostro progetto ci sono convinzioni profonde, ci sono valori che possono diventare fatti veri e visibili. C’è l’idea che l’unità del Paese possa essere riconquistata e che Nord e Sud possano darsi la mano e fare la strada assieme. C’è l’idea che con più uguaglianza e più solidarietà possiamo avere più crescita e più lavoro.C’è l’idea che con più conoscenza e con più innovazione possiamo aver e più crescita e più lavoro.C’è l’idea che con più legalità, più sobrietà, più civismo possiamo avere più crescita e più lavoro.Noi vogliamo un risveglio italiano.In quell’Europa noi vogliamo una riscossa italiana, un risveglio italiano e per averli chiediamo che la testa Due grandi sfide: una riforma repubblicana e un’alleanza per la crescita e il lavoro.La prima: una Riforma Repubblicana per rafforzare la Costituzione più bella del mondo modernizzando Istituzioni e regole.La seconda: Una alleanza per la crescita e il lavoro. Una riforma delle Istituzioni e delle regole, dunque, che parta da un principio di fondo. Come in tutte le democrazie che funzionano, una persona sola non risolve nulla. Pensare che senza la fatica delle riforme, che senza la fatica della partecipazione si possano risolvere le cose affidandosi a scorciatoie personalistiche è una illusione disastrosa.Questo drammatico equivoco, nel nostro Paese, è andato oltre Berlusconi e si è diffuso in una mentalità. Quando dico: toccasse mai a me mai metterei il mio nome sul simbolo, intendo dire questo. Che noi non dobbiamo suscitare passione per una persona, ma per la nostra Repubblica. Se vogliamo salvarci dobbiamo riscoprire le radici della Repubblica, e darle modernità e una vitalità nuova.Riforme dunque. Bisogna semplificare e rendere efficiente il Parlamento e la forma di Governo, ridurre il numero dei Parlamentari, fare una legge elettorale seria, fare un federalismo responsabile e congegnato per unire. Bisogna portare ogni costo della politica alla media europea, cancellare le leggi speciali e della cricca, semplificare le procedure ordinarie, mettere il cacciavite nel funzionamento di ogni settore della pubblica amministrazione a cominciare dalla giustizia per i cittadini e non per quella di uno solo. Definire le incompatibilità e i conflitti di interesse, cancellare e monopoli e posizioni dominanti a cominciare dall’informazione. Bisogna introdurre norme, a cominciare da quelle finanziarie, per snidare le illegalità e le mafie. Bisogna occuparsi dei diritti, dell’articolo 3 della nostra Costituzione, con leggi che sostengano la parità e riconoscano le differenze a cominciare dal ruolo delle donne nei ruoli di direzione, leggi che combattano l’omofobia, che garantiscano la dignità della persona nella malattia, che impediscano che il disordine dell’immigrazione ricada sulla parte più debole della nostra popolazione e che dicano finalmente a un bambino nato qui e figlio di immigrati: tu sei dei nostri, sei un italiano.Il Paese che vogliamo è un Paese civile, pulito, orgoglioso di essere parte dellegrandi democrazie del mondo e di non rispecchiarsi con populismi e dittature.Questo è il Paese che vogliamo noi. Un Paese civile, pulito, un Paese orgoglioso di essere parte delle grandi democrazie del mondo e di non essere invece allo specchio dei populismi e delle dittature.Infine, ma non per ultimo, in quel patto, deve starci il grande tema del lavoro e delle relazioni sociali. Di fronte alla globalizzazione bisogna dare produttività, flessibilità ed efficienza alle nostre produzioni, ma dare tutto questo a fronte di un quadro di riforme che interessi tutta la società e all’interno di parole d’ordine nuove:L’unità del mondo del lavoro. L’unità del lavoro per noi è un bene pubblico, è una condizione della crescita.Se si parla dell’Italia e del suo futuro, si deve essere disposti a scelte coraggiose. Queste scelte toccano anche a noi al Partito Democratico senza il quale nessun cambiamento è possibile. Per noi questo non è solo un orgoglio: è una responsabilità.Mentre dico questo, aggiungo anche che la nostra vera alleanza noi vogliamo farla con i cittadini e in particolare con la gente a cui vogliamo bene.Noi vogliamo bene a quelli che il pane se lo sudano, ma che possono guardarsi tranquillamente allo specchio. Ai lavoratori che perdono o rischiano l’occupazione, alle famiglie inquiete per il futuro dei figli, ai precari, al pensionato che gira tre supermercati per trovare la merce che costa meno, agli insegnanti che non si arrendono, agli imprenditori che non mollano mai, agli operatori della legalità che resistono, agli amministratori perbene che si appassionano alla loro comunità, agli studenti che sanno studiare e che sanno farsi sentire, ai volontari che diffondono gratuità e solidarietà, agli immigrati che lavorano qui tirano la cinghia e mandano un po’ di soldi alla povertà delle loro famiglie. Noi ci rivolgiamo a questi e a tanta altra gente così perché solo a partire da loro e dalla loro condizione potremo fare un Paese migliore per tutti.Care democratiche e cari democratici, amici e compagni,questa piazza emozionante dice al Paese che siamo forti, che siamo pronti a combattere per le cose in cui crediamo.Siamo pronti ad affrontare politicamente le scelte immediate, già dalla prossima settimana e siamo pronti a darci il passo per un cammino di cambiamento del Paese. Il cambiamento. E’ questo il messaggio forte che viene oggi da San Giovanni.Anch’io ho il mio sogno. Il sogno di un Partito, il Partito Democratico, che possa finalmente dire all’Italia, parafrasando una bella canzone e una grande trasmissione televisiva: Vieni via, vieni via di qui, vieni via con me. Vieni via da questi anni, da queste umiliazioni, da questa indignazione, da questa tristezza. C’è del nuovo davanti, c’è un futuro da afferrare assieme, l’Italia e noi.
11 DICEMBRE 2010 –PIAZZA SAN GIOVANNI ROMA
http://beta.partitodemocratico.it/doc/200585/una-riforma-repubblicana-unalleanza-per-la-crescita-e-il-lavoro.htm

giovedì 9 dicembre 2010

LA NOSTRA SARÀ LA PIAZZA DELLA DEMOCRAZIA

l'Unità intervista Bersani: "Berlusconi nei momenti critici è più pericoloso. Vergognosi gli attacchi a Quirinale e Costituzione"
Segretario Bersani. Manca una settimana alla manifestazione del Pd e dieci giorni al voto di fiducia. E uno dei coordinatori del Pdl ha appena offeso il Quirinale. Si respira un'aria brutta. Ci dica: secondo lei ci sono pericoli per la tenuta democratica?
"Siamo sicuramente a un passaggio crucialissimo. Man mano che si avvicinano momenti critici per lui Berlusconi è sempre più pericoloso. Fasi come questa, quando c'è il tramonto ma ancora non si vede l'alba, sono fasi nelle quali la nostra democrazia può subire degli strappi. Si, l'uscita di Verdini è stata vergognosa, ma fa parte di un già sentito. È l'idea che la Costituzione sia un orpello e che chiunque non faccia quel che Berlusconi vuole sia un traditore, un eversore. È un'idea pericolosa che Berlusconi cerca di far entrare nel senso comune. Come l'idea del tradimento e del ribaltone. Aveva una maggioranza mai vista, aveva tutto, e alla fine si è ribaltato da solo".

Ieri ha ripetuto che la caduta del suo governo sarebbe un colpo mortale alla stabilità economica.
"Ma se sono cinque mesi che la maggioranza di governo è in crisi! Cosa è questo se non instabilità? Simili argomenti appartengono a un meccanismo sottilmente anticostituzionale e violentemente vittimistico che va contrastato con tutta la forza che abbiamo. Ed è una forza che non va assolutamente sottovalutata".

La manifestazione dell'11dunque non è solo "di protesta e di proposta" ma, come accadeva qualche anno fa, è un modo per dire: attenti, ci siamo, siamo tanti. Insomma, rientra nall antica categoria della "vigilanza democratica"?
"Sicuramente c'è questo elemento. E ce ne sono altri. C'è un partito saldamente democratico che va in piazza per dire che noi abbiamo la Costituzione più bella del mondo e che va rispettata. E che dice con forza: liberiamoci, facciamo un passo avanti in una direzione nuova, presentiamo il nostro progetto, diciamo le nostre idee per il paese. Con in più un messaggio che deve arrivare ai nostri: due anni fa il centro-destra aveva tutto in mano e l'opposizione era in una condizione difficilissima, inedita: perdita di voce, rischio di diventare il luogo rabbioso di tutte le frustrazioni... Bene, noi in questi due anni difficili abbiamo visto la crisi per primi e abbiamo lavorato perché si comprendesse la distanza tra politiche del governo e situazione economica e sociale. Ci siamo inseriti intelligentemente dentro le contraddizioni che si aprivano nel centrodestra. E, infine, abbiamo condotto le cose in modo da realizzare al momento giusto un'operazione di chiarezza politica: la mozione di sfiducia. Ripeto: nel giorno giusto, e non tutti i giorni come voleva qualcuno. Questo l'abbiamo fatto noi e - tengo a dirlo - se non ci viene riconosciuto è perché, purtroppo, a volte non ce lo riconosciamo tra di noi".

Cosa accadrà il 14 dicembre?
"Qualunque cosa accada, dopo quel giorno combatteremo da una posizione più avanzata. È un punto molto importante da tener presente. Se pensassimo che basta un giorno, il voto di un giorno, per chiudere con Berlusconi e col berlusconismo, non avremmo capito nulla degli ultimi quindici anni. Abbiamo davanti un cammino e, dopo il 14, saremo comunque più avanti nella strada verso l'alternativa".

Ieri Clcchitto ha aperto alla possibilità di una riforma del Porcellum. Queste aperture improvvise rafforzano il dubbio che si stia lavorando all'ipotesi di un nuovo governo di centrodestra magari allargato....
"Si sentono voci di questo genere. Il punto di fondo è che questa crisi riguarda il rapporto del governo con la società, lo scollamento del governo dai problemi reali. Proprio per questo credo, e non temo di sbagliarmi, che la risposta a un problema così di fondo non possa venire dal perimetro del centrodestra, anche correggendone un po' i confini. Se poi ci fossero operazioni delimitate o caratterizzate nell'ambito del centrodestra sapremmo fare l'opposizione in un quadro mutato, tenendo conto del fatto che in questo momento l'opzione numero uno è che Berlusconi se ne vada. Siccome non lo vedo molto propenso a questo passaggio, mi pare che tutte queste soluzioni che si ipotizzano nell'ambito del centrodestra siano tutte piuttosto complicate".

Lei da tempo ha parlato, nei caso in cui il governo tecnico si rivelasse non praticabile, di una ipotesi b: un'alleanza tra forze che "in un contesto normale" non potrebbero stare assieme. Ma questa alleanza la vede come un patto di legislatura o come qualcosa di più limitato nel tempo?
"Mi rifiuto di considerare ipotesi b. Andare a votare sarebbe un disastro. Ma, se parliamo di politica, dico che ho in testa una fase che ci metta in condizioni di preparare l'alternativa. Noi abbiamo da rafforzare e ristrutturare il campo del centrosinistra, dargli unità, perché ora appare francamente dissociato, dargli un profilo di governo. Ed è questo il ruolo del Pd. Perché vorrei che fosse chiaro un punto: senza il Pd non si manda a casa Berlusconi, né si può fare un governo di transizione che sia un passo verso una strada nuova. Senza il Pd non si può fare l'alternativa. Cominciamo a convincercene noi e se ne convincano anche gli amici o i pseudoamici: il Pd è il perno di questa responsabilità. Ancora abbiamo cose da aggiustare, le aggiusteremo. Ma bisogna che sentiamo questa responsabilità ... "

A proposito di cose da aggiustare, come è possibile che alle primarie in una città, pario di Torino, ma prima c'era stata Milano, si candidino più candidati del Pd col risultato di far vincere un candidato esterno o comunque di mettere in altre mani la scelta del candidato espresso dal partito?
"Ogni giorno ha la sua pena e quindi preferisco non aprire ora una discussione sul tema. Mi rifaccio a ciò che dissi: questo delle primarie è un meccanismo che se non gli diamo una manutenzione rischia di essere delegittimato e di creare delle disfunzionalità enormi. Quella che ha citato è una, ma ce ne sono anche altre. Dobbiamo chiarire se le primarie siano, come dire, un "diritto esigibile" dentro e fuori il partito o se siano un meccanismo di partecipazione, uno strumento possibile a seguito di decisioni politiche e di regole che garantiscano la soggettività del partito. Questo è il nodo e nei tempi e nei modi giusti dovremo scioglierlo".

Su l'Unità da tempo abbiamo lanciato un appello per le primarie nelle circoscrizioni, per scegliere i candidati del Pd in presenza del Porcellum.
"Ribadisco che non esistono piani b, che non si può parlare di elezioni con questo modello elettorale. Ma raccolgo il vostro appello. Se vogliamo ragionare in astratto, nell' ipotesi che si arrivi a votare con un meccanismo assurdo dovremmo trovare al nostro interno dei meccanismi di partecipazione che consentano di esprimere candidature che abbiano intanto il consenso nel partito e non siamo a comando mio o di chiunque altro. Ma non dimentichiamo la questione principale, che è l'eliminazione del Porcellum. Detto questo certamente non faremo le candidature nelle segrete stanze".

Il rapporto del Censis descrive un paese depresso, scoraggiato. Può un governo di transizione affrontare questa complessità?
"La deve affrontare. Sono reduce da Varsavia dove si è svolto l'incontro tra i partiti progressisti europei. Tutta l'Europa non parla d'altro che delle turbolenze, per usare un eufemismo, di tipo finanziario e soprattutto di come fare a rientrare dal debito senza massacrare le prospettive dell'occupazione. E l'Italia è dal punto di vista dell'economia reale in guai più seri di altri. Siamo al 118 nel rapporto debito/Pil e viaggiamo verso il 120. Oltre alla legge elettorale, dobbiamo mettere mano ad alcune questioni. Come l'emergenza relativa alla finanza pubblica, al lavoro per i giovani e almeno a uno stralcio di riforma fiscale. Che è un'altra emergenza".

Quanto tempo occorre?
"Tempi, modi e forme li discuteremo ascoltando la voce del Quirinale, verso il quale è il momento di avere un rispetto ancora più assoluto. Dal punto di vista nostro posso dire solo che il governo deve avere il tempo di fare queste tre o quattro cose e mettere gli schieramenti nelle condizioni di presentare delle alternative nuove... Guardi che se ci ritrovassimo ancora una volta a votare su Berlusconi si o Berlusconi no resteremmo fermi ai quindici anni che abbiamo alle spalle. Perderemmo un altro giro, sarebbe un disastro... Non è più solo in gioco il berlusconismo ma un meccanismo che Berlusconi ha introdotto e interpretato di personalizzazione della politica e di questa nostra democrazia che, come il Censis dice, è al tramonto nella coscienza della gente..."

C'è da immaginare che questi aspetti del rapporto Censis le abbiano fatto particolarmente piacere. Penso alla sua decisione di non comparire col suo nome nel simbolo...
"E lo confermo assolutamente. Capitasse a ime, piuttosto sto a casa ma il nome nel simbolo no. Non vorrei che, mentre il centrodestra si convince via via che il meccanismo del ghe pensi mi non funziona, prendessimo quella malattia e provassimo noi a giocare quella carta. Una carta che non c'è più. Dobbiamo ricominciare dalle riforme, anche quelle difficili, e da una politica sobria, onesta, perfino "modesta" che incroci un'esigenza di pulizia e di semplicità. È questo che il Paese vuole e, se non ce ne accorgiamo per tempo, rischiamo anche noi"
Pierluigi Bersani

lunedì 6 dicembre 2010

RINVIO SULL'ACQUA IN REGIONE LOMBARDIA

Martina, PD: oggi abbiamo segnato un punto ma la nostra battaglia
"Vittoria delle ragioni del Partito democratico e degli altri gruppi di minoranza in Consiglio regionale sulla riforma del servizio idrico integrato. Il Pd aveva dapprima posto la pregiudiziale e quindi chiesto la sospensiva della trattazione del tema, motivandolo con il fatto che rischiava di essere troppo presto per dire una parola definitiva su una riforma che, a febbraio, potrebbe essere stoppata dalla Corte Costituzionale.

E in effetti, dopo aver bocciato la sospensiva, a metà pomeriggio, anche la maggioranza ha condiviso la posizione di Pd, Idv, Udc e Sel: la discussione verrà rinviata al 23 dicembre, dopo l'approvazione della finanziaria regionale, ma soprattutto, si spera, dopo l'emanazione del Decreto Milleproroghe del Governo nazionale.

Il documento romano potrebbe, infatti, contenere una proroga anche all'entrata in vigore della legge che chiede alle Regioni la riforma del servizio. In questo caso, si slitterebbe a febbraio, in attesa della sentenza della Corte Costituzionale sul ricorso del Veneto. E tutto potrebbe essere rimesso in gioco". Così il Pd in Regione in merito al dibattito in aula sulla riforma del servizio idrico. "Una vittoria delle ragioni del buonsenso - affermano Luca Gaffuri e Fabrizio Santantonio, capogruppo e consigliere regionale del Pd -.

La maggioranza ha concordato con noi che non era logico intraprendere una strada il cui tracciato potrebbe essere completamente modificato e invalidato da qui a tre mesi, con ripercussioni sulla gestione dell'acqua e conseguenti costi e ritardi che ricadranno sulle spalle dei cittadini-utenti".

Durante il dibattito prima della decisione di rinviare l'argomento, il Pd aveva sottolineato le ragioni che inducono la minoranza ad attendere che la questione si chiarisca a livello nazionale: "Vogliamo evitare - aveva detto in Aula Gaffuri – che Regione Lombardia faccia passare un decreto che rischia, alla fine dell'iter, di toccare il diritto all'acqua pubblica, toglie il controllo del bene ai Comuni svendendolo alle province e soprattutto inibisce la possibilità della gestione in house".

Santantonio aveva posto l'accento sulle tre questioni fondamentali, contenute negli emendamenti dell'opposizione già approvati dalla VIII Commissione agricoltura e risorse idriche: "Il mantenimento della titolarità del servizio idrico integrato ai Comuni, la salvaguardia del sistema fino a oggi vigente e la unitarietà, e non unicità, della gestione".

Martina, PD: oggi abbiamo segnato un punto ma la nostra battaglia continua.

“Oggi abbiamo segnato un punto rispondendo anche ai tantissimi cittadini lombardi che si sono mobilitati contro questa forzatura. Il nostro impegno continua fino a quando non sarà cambiata questa legge sbagliata”. Così Maurizio Martina, segretario regionale del PD, commenta lo stop alla legge regionale sull’acqua avvenuto oggi in Consiglio regionale dopo la forte opposizione del PD.

“Pdl e Lega – continua Martina - pensavano di superare il dibattito del Consiglio regionale di oggi con facilità, facendoci ingoiare una proposta di legge che avrebbe privato i comuni della titolarità della gestione di un servizio fondamentale come l’acqua. In realtà, grazie al lavoro del PD e allo sforzo di tutte le opposizioni il voto finale viene rimandato e a questo punto per noi sarà determinante verificare se a livello nazionale, dal Parlamento, arriverà l’auspicata proroga dei termini.”

Milano, 30 novembre

PD REGIONE LOMBARDIA

BERLUSCONI ALLO SBANDO. CAMERA CHIUSA. PAESE IN BILICO. IL PD ARGINE DELLA DEMOCRAZIA OCCUPA LA PIAZZA: TUTTI A ROMA L’11 DICEMBRE

“Berlusconi è un uomo allo sbando” ha denunciato ieri Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc (Il Corriere della Sera). “E sarà sempre peggio” ha rincarato Carmelo Briguglio, parlamentare di Futuro e Libertà. Lo scontro politico tra il presidente del Consiglio ed i rappresentanti del cosiddetto Terzo polo si sta trasformando in una rissa da strada, mentre la Camera è chiusa in attesa del dibattito sulla fiducia (per un voto imposto dalla maggioranza, timorosa di cadute e incidenti parlamentari a ripetizione) e il paese è allo sbando. Berlusconi non è stato da meno di Casini e Fini nel fare a brandelli la dignità della politica. Sempre da Il Corriere della Sera: «Sono assolutamente consapevole che ho una certa età e che dovrò lasciare prima o poi, ma passerò il testimone quando avrò terminato il programma e comunque mai a maneggioni della vecchia politica che hanno a cuore solo le loro ambizioni personali, semmai a una nuova generazione di politici, seri e preparati». I numeri due, tre, quattro e oltre dei diversi partiti di governo si sono esercitati intanto a lanciare qualche amo per eventuali accordi dell’ultimo momento (legge elettorale, qualche altro nome per il governo).
La verità è che il paese è fermo, in bilico, in mezzo a un passaggio difficilissimo, interno e internazionale, dal punto di vista economico, sociale, politico. In questi dieci giorni che mancano al voto sulla fiducia si rischia davvero molto. Da qui, l’appello di Pier Luigi Bersani e del presidente del gruppo Pd alla Camera ai parlamentari di stare in mezzo alla gente, di organizzare la mobilitazione e di fare in modo che militanti e simpatizzanti si preparino in massa ad essere presenti, soprattutto a partecipare alla manifestazione che il Pd ha indetto per l’11 dicembre in piazza San Giovanni, a Roma (lettera di venerdì volta a criticare la gravità della decisione di sospendere i lavori dell’aula di Montecitorio). E’ il momento più pericoloso, ha spiegato in una lunga intervista (si può leggere in allegato) il segretario del Pd Pier Luigi Bersani all’Unità, avvertendo che la caduta di Berlusconi sarà solo il primo passo per il superamento del berlusconismo. E che è un passo ancora da ottenere.
Sandro Gozi, deputato del Pd, ha proposto addirittura di tornare forzatamente in aula a Montecitorio per marcare la drammaticità di questo momento e l’avventurismo della destra.
fonte: La Nota del mattino dei Circoli Pd

LA STRATEGIA DI BERSANI, LOTTATORE DI SUMO A CENTRO RING

Miguel Gotor sul Sole 24 Ore: In questi mesi l'opinione pubblica italiana ha una sola parola d'ordine: il PD nel pantano mentre Berlusconi perde consensi
I democratici appaiono come un pesce in barile e il loro segretario un novello San Sebastiano infilzato, sul fianco destro, da Fini e Casini e, su quello sinistro, da Di Pietro e Vendola, ovvero dalle alchimie del politicismo neo-democristiano e dai facili personalismi delle primarie di coalizione all'amatriciana. Due modi ugualmente efficaci per morire tra delusioni maliziose e interessati scoramenti.
Eppure, se alzassimo lo sguardo potremmo scoprire un'altra prospettiva: Bersani ha accettato di pagare un prezzo in termini di consenso al suo partito, in quanto sta seguendo una precisa linea politica, non priva di risultati già nell'immediato. Egli infatti non ha scelto la strada più facile, quella di collocare il partito nel recinto dell'opposizione di sinistra al Cavaliere, tra Di Pietro e Vendola, ma ha voluto situarlo al centro di tutte le opposizioni al berlusconismo.
A suo modo di vedere è preferibile un Pd "basso" sul piano elettorale, ma nel cuore delle possibili alternative al Cavaliere, che non un Pd "alto", ma isolato a sinistra (dove in tanti lo vorrebbero). In questa maniera si è lasciato aperto il maggior ventaglio di alleanze possibili nella convinzione che i voti non valgono solo in base alla loro quantità, ma se hanno un valore intrinseco, ossia se possono essere spesi in diversi scenari che a tutt'oggi non sono ancora definibili per modalità e tempi e certo non dipendono da lui.
Ma perché Bersani avrebbe accettato di pagare questo prezzo e quali risultati che sta raggiungendo? Anzitutto, lo ha fatto per offrire una sponda a Fini. Nel giro di sei mesi il presidente della Camera è uscito dal Pdl, ha fondato un nuovo partito, ha ritirato i ministri dal governo e ora sfiducia il suo antico alleato, in un quadro di palese antagonismo alla leadership del Cavaliere.
Se Fini non avesse trovato il Pd dove lo ha incontrato, ossia disponibile a un governo di responsabilità nazionale per cambiare la legge elettorale, non avrebbe mai avuto la forza di sfidare Berlusconi a viso aperto, anche perché Casini non avrebbe esitato un attimo a sostituirlo nel governo, peraltro restituendogli pan per focaccia. Non a caso lo spauracchio di una maggioranza alternativa è già operativo in Parlamento, ma potrebbe scattare anche in caso di elezioni, in un quadro emergenziale, come abilmente ventilato dal capogruppo Franceschini, avversario di Bersani alle primarie, entrato nella maggioranza del partito rafforzando il segretario.
Dal suo punto strategico Bersani sta ottenendo il logoramento di Berlusconi per interposta persona (tramite Fini e Casini), ma senza rompere con Di Pietro e Vendola. Egli sta combattendo come un lottatore di Sumo che sfrutta a suo vantaggio la forza dell'avversario, opponendo la resistenza del proprio peso elettorale, che resta considerevole, e continuando a occupare il centro del quadrato di gara.
Non ha insistito, come il suo predecessore, lungo la strada di un accordo bipolare ad excludendum con Berlusconi, bensì ha favorito la disseminazione del campo politico in più forze intermedie, a cui è disposto a regalare qualcosa del suo, pur di aumentare le possibilità di battere l'avversario per via parlamentare (se si formasse un governo senza Berlusconi, con Fini e Casini dentro, o una nuova maggioranza che comprendesse anche il Pd) oppure per via elettorale (nel caso di elezioni).
In secondo luogo, Bersani con la sua originale collocazione sta condizionando la nascita del terzo polo: qualora l'alleanza tattica tra i transfughi del berlusconismo, Fini e Casini (i due traditori nella prevedibile campagna del Cavaliere), si trasformasse in un cartello elettorale, non solo non avrebbero alcuna possibilità di conseguire il premio di maggioranza, ma leverebbero più voti a Berlusconi che a Bersani, dunque favorendo il suo successo nel caso in cui si andasse a elezioni con queste regole.
Per questa ragione, per cambiare la legge elettorale, hanno più bisogno Fini e Casini del Pd che non il contrario. Il posizionamento di Bersani poggia su un primo convincimento: Berlusconi non si batte con l'antiberlusconismo e basta o dentro una logica frontista, perché in Italia la destra ha un radicamento e una forza che sarebbe sciagurato sottovalutare. Bersani è convinto che la mela del berlusconismo sia ormai bacata, ma non è ancora pronta a cadere a terra e bisogna continuare a scuotere l'albero.
Il segretario del Pd può permettersi questa tattica all'apparenza rinunciataria perché parte da una seconda valutazione di fondo: con questa legge elettorale, nessuna alternativa al Cavaliere è possibile senza coinvolgere il Pd, quel fastidiosissimo 25% (che sia il 23% o il 28% poco importa sul piano della qualità dell'azione politica) che dispiace a tanti perché non è un voto di opinione, ma anch'esso, proprio come quello del Pdl, un blocco sociale e culturale, un impasto di tradizioni, valori e interessi distribuiti a livello nazionale e, qui è l'originalità, fondati sull'autonomia della politica, non sul suo discredito o la sua subalternità.
Bersani sa bene che Berlusconi in questo paese fa comodo a tanti perché li fa sentire migliori senza il minimo sforzo.
L'ultimo Gaber l'aveva capito bene quando cantava «Destra-Sinistra, basta!», mentre la moglie Ombretta Colli governava la provincia di Milano con Forza Italia. Del resto, l'indimenticato chansonnier meneghino fischiettava: «Io direi che il culatello è di destra e la mortadella è di sinistra». Il che potrebbe anche esser vero, ma l'anello che non tiene è proprio qui: "culatello Bersani" è cresciuto a pane e mortadella e, per quanto paziente e persino generoso, non è nato ieri. Sarebbe bene non sottovalutarlo.
http://beta.partitodemocratico.it/doc/113339/la-strategia-di-bersani-lottatore-di-sumo-a-centro-ring.htm

mercoledì 1 dicembre 2010

DEBITO E INCAPACITA’DEL GOVERNO: CON L’EURO SOTTO PRESSIONE, L’ITALIA DI BERLUSCONI FINISCE NEL MIRINO DEGLI SPECULATORI.

Euro sotto pressione e ancora tempesta sui mercati finanziari. Gli speculatori hanno messo nel mirino i paesi con i conti pubblici più in dissesto. Dopo l’Irlanda, salvata dal piano messo a punto dall’Unione europea, è la volta del Portogallo. Ma già si vedono gli effetti negativi degli attacchi alla Spagna e adesso anche all’Italia. Ieri è cresciuto ancora il divario tra gli interessi relativi ai più sicuri titoli di Stato tedeschi, i Bund, e i Btp italiani. In forte crescita anche i titoli che assicurano gli investimenti contro l’eventualità di fallimento di un paese. Con l’euro sotto attacco da parte della speculazione, insomma, l’Italia, che ha un debito pubblico passato dal 104 per cento del Pil lasciato dal governo di Romano Prodi al 120 per cento delle previsioni di oggi e che è guidata da un governo e una maggioranza considerati incapaci di affrontare la crisi e fattori essi stessi di instabilità, rischia di pagare un prezzo pesantissimo.
Massimo Giannini, La Repubblica: “Se persino il Richelieu di Palazzo Chigi, Gianni Letta, si spinge a dire in pubblico che esiste «una preoccupazione forte» su un rischio di contagio «forse anche per l`Italia», vuol dire che il livello di guardia è stato raggiunto. La sortita del sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha fatto infuriare Giulio Tremonti. Con chi lo incontra in queste ore, il ministro dell`Economia schiuma rabbia contro il braccio destro di Berlusconi: che ne sa di mercati internazionali, lui che è stato a malapena a Milano un paio di volte? Ma Tremonti sa che Letta, sull`effetto-domino, non ha per niente torto. Ci sono segnali inequivocabili. Per quanto riguarda l`Italia, lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi ha sforato quota 210 punti base. La stessa cosa è accaduta per i Cds, i contratti con i quali gli operatori si assicurano dal rischio di default di un Paese, schizzati a quota 263 punti. E’ il segno che i mercati, non fidandosi della tenuta italiana, chiedono un premio di rischio più alto per continuare a investire sui nostri titoli. Per quanto riguarda l`Europa, continua lo stillicidio sui Paesi «periferici» (Grecia, Irlanda e Portogallo). Ma l` attacco speculativo si estende anche alla Spagna. E da ieri addirittura al Belgio. «E se nel mirino finisce il Belgio - si sostiene a Via XX Settembre, sede del ministero dell’Economia - il rischio non è più nazionale, ma diventa sistemico». La conferma, esplicita, è nella caduta dell`euro e nel crollo delle Borse”.
fonte: Ufficio dei Circoli Pd

LA "NON" RIFORMA GELMINI

Ieri alla Camera dei Deputati è stato approvato il Decreto Gelmini ovvero la "non" riforma dell'Università.
Dario Franceschini, capogruppo alla Camera, ha dichiarto il voto contrario del Pd e ha fatto un intervento molto appassionato, concreto e applaudito.
Quidi seguito il video:

"Le migliaia di studenti che stanno manifestando in tutta Italia non hanno le spalle nessun partito e nessun sindacato, hanno fatto tutto spontamente - ha ricordato Franceschini - Le riforme vere si fanno sempre con l'ascolto e la concertazione e le proteste si cerca di capirle e non le si liquida con slogan sprezzanti. E' solo uno slogan parlare di lotta contro baroni e di merito. Pretendete di chiamare riforma quello che è solo un elenco di tagli. I ragazzi - prosegue - con la loro intelligente protesta hanno capito quello che non ha capito il ministro Bondi e cioè che i nostri monumenti sono la nostra carta di presentazione al mondo. Imparate da loro. Noi faremo diventare centrale il tema dell'universita' alla manifestazione del Pd dell'11 dicembre".

venerdì 26 novembre 2010

MONDO, EUROPA, ITALIA, CRISI E PROSPETTIVE. QUANDO PARLA LA POLITICA.

Tutti i deputati del PD sono in ritiro da ieri pomeriggio, dopo aver inchiodato il governo in Parlamento sulla riforma dell’Università, in un’abbazia toscana per discutere di progetti politici di più lungo periodo. "La globalizzazione impone anche alla politica di ragionare su nuove basi" ha detto il presidente del gruppo parlamentare della Camera, Dario Franceschini, aprendo i lavori e parlando anche della necessità di una presenza coordinata dei progressisti in Europa e nel mondo. L’attualità, e cioè la crisi irlandese, la crisi dell’euro e l’atteggiamento dei diversi paesi europei, a cominciare dalla Germania, sono stati inquadrati in un ragionamento di più ampio respiro.
La relazione introduttiva è stata svolta da Romano Prodi, padre dell’Ulivo, economista, ex presidente dell’Iri, ex presidente del Consiglio, ex presidente dell’Unione europea, sulla base dell’esperienza, degli studi e degli incontri personali al massimo livello in cui è impegnato da quando ha lasciato la politica. "Avere qui Prodi è una festa" ha detto Pier Luigi Bersani.
Prodi ha ricordato i velocissimi cambiamenti in corso nel mondo. "Negli anni Cinquanta il Prodotto nazionale lordo degli Usa era la metà del Pil del mondo. Oggi sfiora il 22 per cento, anche se gli Usa restano il paese che spende in armamenti il 50 per cento della spesa di tutto il mondo". La Russia, ma soprattutto la Cina, l’India, il Brasile sono le nuove stelle emergenti. Prodi ha ricordato quanto sia stata e sia veloce l’ascesa cinese: "oggi è l’unico paese al mondo capace di esportare uomini, capitali, tecnologia, finanza". In questo contesto l’Europa appare vecchia, divisa, anche se ha ancora una forza oggettiva notevole, soprattutto se si tiene conto del progetto unitario. "Uno studente cinese mi ha chiesto: ma siete un laboratorio o un museo?" . In questo contesto, ha spiegato Prodi, vi sono due contraddizioni: una riguarda le forme della democrazia, tra i tempi stretti per le decisioni e i tempi imposti invece dai continui appuntamenti elettorali; l’altra riguarda la posizione della Germania, scettica sull’Unione e sull’euro per motivi elettorali interni, ma che con l’euro e con l’Unione ha avuto ed avrà ancora tutto da guadagnare. Oggi la posizione della Germania ha favorito l’attacco dei mercati ai paesi deboli. "Sul lungo periodo sono sicuro che gli interessi imporranno un cambiamento".
La discussione è stata conclusa da Giuliano Amato, che ha accesso i riflettori sull’eccesso di semplificazione ideologica nel dibattito politico ("La democrazia comporta confronto razionale tra diverse soluzioni, non posizioni estremizzate e basate sulle emozioni"), ma anche sul ruolo dell’Italia in Europa. "Siamo noi e gli altri paesi che in vista delle prossime riunioni europee dovremmo dire chiaramente alla Germania che, insieme al rigore e alla pulizia dei conti, nelle decisioni già prese è previsto che vi sia
spazio anche per lo sviluppo. Ma l’Italia purtroppo questo ruolo non lo ha svolto e oggi non è in grado di svolgere".
Fonte: Ufficio Circoli Pd

lunedì 22 novembre 2010

MARONI E I POSTRIBOLI PER VIP

La sera del 27 maggio 2010, mentre la maggior parte degli italiani andava a dormire con il pensiero rivolto al mutuo da pagare, alla scuola dei propri bambini senza carta igenica e al rischio di perdere il lavoro per la crisi, Silvio Berlusconi era in altre faccende affaccendato. Quella sera, infatti, una minorenne, marocchina, priva di documenti di identità e di fissa dimora era stata fermata per furto e portata alla Questura di Milano per le consuete procedure di identificazione e affidamento ad una comunità protetta. Ma quella ragazza non era uno dei tanti extracomunitari che grazie alle politiche migratorie xenofobe della Lega, vengono consegnati senza batter ciglio ai lager libici del caro "amico" Gheddafi. Questa ragazza dal nome d'arte di Ruby Rubacuori aveva sul suo telefono cellulare il numero del Presidente del Consiglio. Quello che è accaduto dopo è arcinoto, ma lo riassumiamo per tutti gli sfortunati telespettatori del TG1: Ruby stessa oppure un altra ragazza brasiliana (di professione cubista) a conoscenza dell'arresto e in possesso (anche lei!) del numero di telefono del premier, avverte Berlusconi. Questi telefona alla Questura di Milano chiedendo l'immediata liberazione della giovane spacciandola per parente del presidente egiziano Mubarak. La palese violazione della legge sarebbe giustificata dalla necessità di evitare un incidente diplomatico con l'Egitto. I funzionari della Questura, pressati da Berlusconi comunicano alla Procura presso il Tribunale dei Minori di Milano dicendo che la ragazza è stata identificata come nipote di Mubarak e deve, quindi, essere rilasciata e non consegnata ad una comunità. Berlusconi, poi, richiama nuovamente la questura dicendo che Nicole Minetti, venticinquenne ex ballerina della trasmissione "Colorado Caffè", igenista dentale del premier e consigliara regionale del PDL si presenterà in Questura per prendere in consegna la minore. La Procura, così ingannata, accetta la richiesta e Ruby viene affidata alla velina-consigliera Minetti che, appena fuori dalla porta, la lascia nelle mani della cubista brasiliana.
Tutti sappiamo i motivi dell'agitazione del premier. Ruby, all'epoca dei fatti minorenne, aveva partecipato, insieme a decine di altre ragazze a feste presso la villa di Arcore alla presenza del Satrapo. Ragazze che, secondo la Procura di Milano, venivano procurate al premier da Lele Mora ed Emilio Fede. Quindi era necessario far sparire Ruby prima che raccontasse di queste "feste".
Qualcuno dirà: "in tutto ciò cosa c'entra Maroni?". Ebbene Maroni è il ministro degli Interni e, quindi, responsabile della Polizia di Stato, delle Prefetture e delle Questure. E cosa fa, quando la vicenda viene rivelata dai giornali? non fa assolutamente niente! Il ministro che diceva che dobbiamo essere cattivi con i clandestini e altissimo esponente di un partito, la Lega, che fa della sicurezza la propria bandiera non dice nulla di fronte a un premier che spinge la Questura di Milano a rilasciare una presunta ladra, extracomunitaria, minorenne senza fissa dimora! Succede, invece, che interviene Umberto Bossi, leader e padrone della Lega Nord con questa bella dichiarazione: "Berlusconi ha sbagliato a chiamare. Doveva chiedere di farlo a qualcun altro, poteva rivolgersi a noi". Ecco le incredibili dichiarazioni del leader leghista! Ecco i difensori della legalità! Se Berlusconi glielo avesse chiesto, Bossi e Maroni avrebbero volentieri fatto liberare la marocchina per aiutarlo.
Passa qualche giorno e apprendiamo dai giornali una notizia che ci lascia senza parole: Maroni annuncia un giro di vite contro la prostituzione... nelle strade. Quindi per Maroni ci sono puttane e puttane. Ci sono quelle che esercitano la professione più antica del mondo sul bordo delle strade e che offendono con la loro sola presenza, le brave famiglie padane fondate sul matrimonio in chiesa tra uomo e donna. E ci sono le escort di lusso, a disposizione dei potenti come il premier che papponi d'alto bordo gli consegnano direttamente in villa. Su di loro, evidentemente, il ministro cattivo con i clandestini ma non con le prostitute da migliaia di euro a notte non ha nulla da ridire.
Questa vicenda ci mostra il vero volto dei leghisti: vigliacchi che fanno i gradassi con i poveri cristi che non possono difendersi ma che strisciano di fronte al potente di turno soprattutto se si chiama Berlusconi.
Un'ultima annotazione di carattere locale. Ci piacerebbe tanto conoscere l'opinione della cattolica "padana" Pierangela Vanzulli, ultimamente avvistata mentre appendeva immagini sacre per le strade di Gerenzano, sulla condotta di un premier non proprio in linea con i dettami della Chiesa in tema di morale sessuale. E ci piacerebbe tanto conoscere l'opinione dell'assessore alla sicurezza Cristiano Borghi sull'incredibile vicenda della liberazione di Ruby.
Massimiliano Cavallo

martedì 16 novembre 2010

ELENCO DEI VALORI DELLA SINISTRA

LA LETTERA DI BERSANI PER LA MOBILITAZIONE

Cara cittadina, caro cittadino,viviamo ormai nel secondo tempo del berlusconismo. Un tempo nel quale Berlusconi non può offrire nuovi orizzonti al paese ma può ancora usare aggressivamente e pericolosamente la sua forza.La crisi politica e quella sociale si stanno avvitando. Ci sono delusione e rabbia negli Italiani. C'è disaffezione. C'è sfiducia.Vediamo anche noi che si è alzato un muro tra politica e società. I problemi reali dei cittadini non trovano voce, né risposta. Non c'è abbastanza lavoro e quel che c'è è spesso drammaticamente a rischio. Le tasse pesano sempre di più per chi le paga. I servizi fondamentali si indeboliscono. Scuola e università sono nella precarietà e nel disagio. I comuni subiscono un colpo grave nelle loro politiche sociali e negli investimenti. Le piccole imprese soffrono e molte soccombono. Chi reagisce alla crisi e, nonostante le difficoltà, trova opportunità nuove, non sente attorno a sé un sistema che lo aiuti. Tutto questo avviene mentre i fondamentali presidi del nostro assetto costituzionale vengono messi in discussione o addirittura aggrediti.La pazienza è finita. E’ tempo di rimboccarci tutti le maniche e suscitare un risveglio Italiano. Lavoro e riscossa civica. Lavoro e legalità sono le chiavi di questo risveglio. L'Italia è meglio di quello che le succede. L'Italia merita una alternativa che rinsaldi la democrazia costituzionale e avanzi un progetto economico e sociale nuovo. Ci stiamo lavorando con impegno. Abbiamo critiche chiare e forti da fare alla politica della destra, abbiamo proposte nuove da avanzare al paese. Presenteremo le une e le altre in una campagna senza precedenti. Andando porta a porta in ogni luogo del paese per ascoltare e raccontare quello che siamo e quello che vogliamo per l'Italia.Abbiamo bisogno del tuo appoggio e della tua disponibilità e per questo ti invito a mobilitarti nei fine settimana del 13,20,27 novembre. Ad essere presente nei gazebo che saranno allestiti in tutta Italia nella giornata di sabato 20 nei luoghi dove hai votato per le primarie, a ritirare il materiale e a distribuirlo casa per casa o farlo circolare nel modo che ritieni più utile.Senza il PD non può esserci alternativa.Il PD si mobilita per preparare giorni migliori per l'Italia. Unisciti a noi.Vi ringrazio per il vostro impegno.

PORTA A PORTA, RIMETTIAMO LA POLITICA NELLE MANI DEGLI ITALIANI


Comizio in cortile, visita a due famiglie, brindisi in sezione, ballo al centro anziani. Pier Luigi Bersani non si è risparmiato nulla per inaugurare al meglio il porta a porta del Partito democratico, che vedrà impegnato il PD in tutta Italia per tre week end di novembre. l'obiettivo è "rompere il muro del suono tra politica e società, un regalo velenoso del berlusconismo".Per dare il via all'iniziativa, Bersani, con il presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti, ha scelto il quartiere di Pietralata, zona di periferia sulla via Tiburtina a Roma con aspettative, speranze e problemi comuni a tante città. Bandiere, strette di mani, foto, autografi e tante richieste concrete al segretario del Pd (dal nido al mutuo) prima di salire sul palco allestito in un cortile condominiale da cui Bersani annuncia che la manifestazione dell'11 dicembre a Roma si terrà a piazza San Giovanni.

Per continuare a leggere l'articolo:

http://www.partitodemocratico.it/dettaglio/111930/porta_per_porta_rimettiamo_la_politica_nelle_mani_degli_italiani

TARICCO: "PRONTI PER LE ELEZIONI AMMINISTARIVE E NAZIONALI

Ufficializzata la nomina del segretario provinciale. Al congresso si parla del voto nei comuni nel 2011, ma anche della possibile caduta del governo. La parola d'ordine però è "lavoro"

A Varese è il giorno del Partito democratico e del nuovo segretario, Fabrizio Taricco. Nessuna sorpresa nel giorno del congresso provinciale, dato che Taricco era candidato unico alla segreteria. Scelta quest'ultima che ha creato qualche malumore nella base, con il caso più “eclatante” del circolo di Brebbia. «So che non tutti hanno approvato e condiviso scelta – dice Taricco -, ma ho la serenità di aver seguito un percorso coerente che ha visto la convergenza delle varie componenti del partito. Da oggi mi sento impegnato per lavorare per il partito di tutti».

Per continuare a leggere l'articolo:
http://www.partitodemocraticovarese.it/rassegna-stampa/376-taricco-qpronti-per-le-elezioni-amministrative-e-nazionaliq.html

mercoledì 3 novembre 2010

SVEGLIATEVI

“C'è una chiara preoccupazione per la situazione in cui verte il Paese. Una situazione drammatica, sottovalutata: il centrodestra e Berlusconi in testa stanno portando il Paese nel caos”. Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani ha introdotto la conferenza stampa per denunciare l'allarme democratico che sta vivendo l'Italia sottoposta al degrado dell'attività di governo e alla paralisi totale nella ripresa economica e sociale.
Per continuare a leggere l'articolo:
http://http://www.partitodemocratico.it/dettaglio/111022/svegliatevi

TRASPORTI: PD, IN LOMBARDIA FAREMO TOUR IN 415 STAZIONI PER VALUTARE DISAGI PENDOLARI

Un tour di un mese nelle stazioni ferroviarie della Lombardia, per fare il punto sui disagi dei pendolari, sui tagli della Regione al trasporto pubblico locale e sull'aumento delle tariffe. Il Pd della Lombardia presentera' un questionario in 415 stazioni, che saranno valutate. Testimonianze e risultati verranno poi pubblicati su Facebook e sul sito http://www.pdregionelombardia.it/.
http://www.partitodemocratico.it/dettaglio/110521/trasporti_pd_in_lombardia_faremo_tour_in_415_stazioni_per_valutare_disagi_pendolari
E sul sito del PD Varese si può scaricare il questionario sulle condizioni delle stazioni ferroviarie promosso dal Gruppo Regionale del Partito Democratico Lombardo.

lunedì 20 settembre 2010

IL PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO (PGT): Il punto di vista del Partito democratico di Gerenzano

Il Piano di Governo del Territorio (PGT) è il nuovo strumento di pianificazione urbanistica, introdotto in Lombardia con la legge n.12 dell’11/03/2005, che sostituisce il vecchio piano regolatore e che ha lo scopo di definire l’assetto dell’intero territorio comunale.

Tra le peculiarità del PGT c’è quella che viene chiamata “Progettazione partecipata”, in base alla quale sin dalla fase iniziale di progettazione del PGT viene richiesto il contributo dei cittadini, singolarmente o come gruppi.

Un altro elemento molto importante del PGT è che deve prevedere un lavoro di analisi del territorio comunale da tutti i punti di vista, geologico, ambientale, urbanistico, viabilistico, infrastrutturale, economico, sociale e culturale, oltre ad evidenziare eventuali beni storici o ambientali di particolare interesse. Insomma si tratta di uno strumento più articolato e flessibile rispetto al vecchio PRG perché tiene conto dell’impatto che le proposte fatte nel piano hanno sull’ambiente nel suo complesso.
Il PGT ha validità quinquennale ed è sempre modificabile. Scaduto tale termine, il comune provvede all’approvazione di un nuovo PGT.

Sul PGT l’Amministrazione Comunale ha seguito tutto l’iter previsto, i documenti relativi sono stati pubblicati sul sito del Comune ed è stata indetta una assemblea il 4-06-10 per discuterne con i cittadini. Anche la lista civica “Insieme per Gerenzano “ ha organizzato una serata di dibattito il 16-06-10 per evidenziare i punti critici del PGT proposto dall’amministrazione e suggerire delle soluzioni alternative.

Sulla base di questi incontri e di quello che abbiamo letto sulla documentazione esistente esprimiamo il nostro parere su alcuni dei punti che riteniamo fondamentali:

- aree destinate all’edilizia residenziale nei prossimi cinque anni
- viabilità
- aree destinate ad uso industriale

L’amministrazione prevede una percentuale di aree edificabili inferiore al 5% di territorio oggi disponibile, circa 209.000 metri quadrati . In sé questa percentuale appare condivisibile, tuttavia va vista nel quadro generale dello sviluppo urbanistico. Negli ultimi anni l’incremento urbanistico in Gerenzano è stato significativo, è sotto gli occhi di tutti l’area dei palazzoni in prossimità della stazione Gerenzano-Turate.

Ciò che maggiormente colpisce è il fatto lo sviluppo edilizio in atto non risponde ad un bisogno reale di nuove abitazioni ma alla necessità di fare cassa (come dichiarato pubblicamente dal Sindaco nell’incontro del 4-06-2010) e alla richiesta del settore edilizio di fare investimenti.

L’Amministrazione per fare cassa potrebbe trovare soluzioni alternative a questa (in attesa che venga ripristinata una tassa locale come quella dell’ICI sulla prima casa , eliminata da quelli stessi che fanno del federalismo fiscale un cavallo di battaglia), mentre il settore edilizio potrebbe investire nella ristrutturazione e riqualificazione dell’esistente. A tal proposito l’amministrazione potrebbe valutare la possibilità di un incremento della volumetria nelle aree residenziali .

Il Sindaco nell’incontro pubblico del 4-06-2010 ha anche voluto sottolineare l’intenzione dell’amministrazione a contenere lo sviluppo urbanistico evidenziando sulla stessa mappa del territorio con delle grosse frecce verdi l’area al di sotto della quale non sarà più possibile costruire. Queste buone intenzioni ci fanno sorridere dette in particolare da un politico che conosce bene il PGT , è anche assessore all’urbanistica oltre che sindaco, e dunque sa bene che il PGT è modificabile ogni 5 anni. Il 5% di territorio lo prendiamo oggi, il 5% domani, il 5% dopodomani e così via..

Citiamo anche per maggior chiarezza quanto viene scritto nel documento di piano redatto dall’Amministrazione:

Occorre quindi concepire l’oggi come il tempo del cambiamento, della discontinuità di quel trend di sviluppo che vede nel “consumo del territorio” una delle dinamiche economiche più attive per passare al nuovo scenario dove è la “valorizzazione del territorio” il nuovo indicatore di riferimento per qualificare lo sviluppo.”

Stando così le cose riteniamo che al momento sia controproducente pensare ad un ulteriore sviluppo edilizio, che occorre fermarsi per un po’ e riflettere se i servizi di cui disponiamo siano sufficienti per i cittadini gerenzanesi, se la qualità della vita sia accettabile e se occorre fare uno sforzo ulteriore per migliorarla.

Per quanto concerne la viabilità, una analisi della mappa del PGT mostra la presenza di due nuove arterie: una è la Varesina bis che nasce a supporto della Pedemontana (arteria progettata per collegare i due aereoporti di Malpensa ed Orio al Serio e di cui si prevede la realizzazione nell’arco di 5 anni) che pur non facendo parte del PGT con esso si deve integrare; l’altra è la nuova viabilità nel verde, ad alcuni nota come tangenzialina, che partirebbe dalla Varesina, bypasserebbe il centro del paese e si ricongiungerebbe con la strada per Uboldo. Un tratto della tangenzialina in effetti è già realizzata e consiste nel viale padania che incrocia a nord la via Risorgimento e a sud la via Inglesina.

Quello che ci ha colpito della viabilità proposta nel PGT, senza effettuare analisi di dettaglio, è il fatto che la tangenzialina dovrebbe tagliare l’area verde di cui la stessa amministrazione se ne fa un vanto, e portarsi con se una significativa quantità di metri quadrati di area fabbricabile. Alle osservazioni fatte al Sindaco nell’assemblea del 4-06-2010 lo stesso risponde che in ogni caso ci saranno tra la strada e i fabbricati 20 metri di rispetto. Anche in questo caso c’è contraddizione tra quanto viene dichiarato dall’amministrazione e quanto di fatto viene proposto. Invitiamo tutti i Gerenzanesi a recarsi in fondo a viale padania, dove si incrocia la ciclabile, e ad osservare con attenzione le distese di campi di grano, di mais, di colza e di patate e a pensare come questo bene primario possa essere distrutto da una strada e dai fabbricati che inevitabilmente sorgeranno attorno ad essa. E’ ovvio che chi possiede dei terreni in questa zona appoggi la realizzazione della tangenzialina ma siamo al solito conflitto tra il bene di molti e l’interesse di pochi: che cosa bisogna far prevalere?
D’altro canto le giustificazioni che l’amministrazione dà della tangenzialina sono deboli. Una delle motivazioni principali è quella di scaricare il traffico dalla varesina ed evitare l’attraversamento del paese. A parte che non è stata fatta una analisi del traffico che transita attraverso il paese, si tratterebbe in sostanza di spostare una parte del rumore e di emissioni inquinanti da una zona ad un’altra ancora non contaminata. Non ci sembra questa una scelta particolarmente intelligente. A parte questa considerazione ne va fatta un’altra che riguarda la Varesina bis: questa di fatto scaricherebbe una parte del traffico della varesina e pertanto la tangenzialina sarebbe del tutto inutile. Un suggerimento che si potrebbe dare all’amministrazione, emerso peraltro nel corso del dibattito, è quello di creare un collegamento nord-sud, utilizzando le vie esistenti, tra la varesina e la varesina bis.

Altra questione su cui riflettere e ‘ il tracciato della Varesina bis, che rispetto all’originale proposto dalla regione è stato modificato dall’amministrazione. In questa modifica si prevede l’eliminazione di una buona parte di bosco, a fronte invece del progetto originale che prevedeva il riutilizzo di una parte di viabilità preesistente. Come ha detto il sindaco pubblicamente il bosco non ricade nel territorio di Gerenzano e dunque se abbiamo il bene placito del comune a cui appartiene, quello di Cislago, va tutto bene. Non è il bosco un bene comune da preservare con tutti i mezzi e i modi possibili? Dove è finita la sensibilità tanto decantata da questa amministrazione per il verde pubblico? Dove è finito lo spirito di collaborazione tra le diverse amministrazioni che è uno degli elementi che caratterizzano l’introduzione del PGT? Citiamo ancora una volta quanto viene scritto nel documento di piano dell’amministrazione:

La creazione di aree urbane di alta qualità richiede uno stretto coordinamento tra diverse iniziative politiche, nonché una migliore cooperazione tra i diversi livelli amministrativi.”


Invitiamo dunque l’amministrazione a rivedere la propria posizione e a rivalutare il vecchio progetto.

Il PGT prevede che l’ex cava fusi, allocata a sud della ferrovia nord della linea Saronno - Novara e coprente un’area di 95521 mq, venga destinata ad utilizzo industriale. Nella mappa del PGT quest’area viene chiamata polo logistico industriale e si fa anche l’ipotesi della realizzazione di una ulteriore arteria che colleghi tale area alla varesina bis.

Le domande che ci si pone prima di prendere una posizione rispetto a questa scelta sono diverse. Un’area che un tempo verde è stata destinata a cava, non dovrebbe ritornare ad esser verde? E’ l’area indicata adatta ad utilizzo industriale? Quali sono le aree destinate ad uso industriale a Gerenzano e quali sono le ragioni che spingono a crearne una nuova?

Questo è quanto l’amministrazione ha scritto nel documento di piano:

Accertato che la vocazione del comune di Gerenzano non è sostanzialmente industriale, non si ritiene di dover prevedere l’utilizzo di nuove aree da dedicare all’espansione delle zone industriali. Si reputa invece utile perseguire l’ipotesi del “riuso” delle aree dismesse mediante la seguente azione: permettere la ricollocazione di attività produttive in quelle aree dell’attività di cava che hanno terminato il loro ciclo produttivo, al fine di utilizzare le stesse, già compromesse dal punto di vista della percezione paesaggistica dei luoghi, per attività produttive impattanti o non compatibili con l’uso delle aree contigue. L’obiettivo è la regolamentazione delle attività temporanee e di quelle che producono degrado estetico, funzionale ed ambientale (attualmente anche frazionate all’interno del territorio comunale).”

Non ci sembra che il dibattito abbia chiarito bene la faccenda e risposto agli interrogativi proposti. In attesa di ragioni più convincenti rispetto a quelle più volte dichiarate di fare cassa la soluzione più ovvia è quella di restituire quest’area al patrimonio boschivo.

martedì 18 maggio 2010

LETTERA DI PERSONAGGI DELLA SOCIETA' CIVILE A BERSANI SUL PROBLEMA DEL NUCLEARE

Questa lettera è stata pubblicata dal “Riformista” l’11-05-2010 ed è un esplicito invito a Bersani ad aprire le porte al nucleare. Nell’articolo dal titolo "PERCHE' NO AL NUCLEARE" che compare nel blog successivo, l’autore invita il segretario a valutare seriamente e con forza le soluzioni alternative al nucleare, fornendo indicazioni precise sul perché della scelta: no al nucleare.

Caro Segretario, chi ti scrive segue con attenzione l’esperienza del Partito democratico. Alcuni sono impegnati anche nella vita del Pd. E apprezzano il lavoro che stai facendo per dare al Pd concretezza e radicamento, ponendo al centro della sua iniziativa i temi del lavoro e della insufficiente struttura produttiva italiana. Oltre naturalmente alla questione più generale e importante delle regole della democrazia italiana. Vorremmo dare un contributo serio a questa discussione. Tornando ai fondamentali come si dice e cercando di approfondire le questioni con rigore intellettuale e scientifico. E con spirito concreto.
Fra le grandi questioni irrisolte del nostro Paese vi è il problema energetico. I dati ti sono chiari: importiamo più dell’80 per cento dell’energia primaria di cui abbiamo bisogno, principalmente, da Paesi geopoliticamente problematici. Produciamo l’energia elettrica per il 70 per cento con combustibili fossili. Circa il 15 la importiamo dall’estero e prevalentemente di origine nucleare. Se non la importassimo la nostra dipendenza dai combustibili fossili (gas e carbone in primo luogo) salirebbe oltre l’80 per cento. Con le rinnovabili, se escludiamo l’idroelettrico, patrimonio storico del nostro Paese, ma praticamente non aumentabile, produciamo circa il 6 per cento. L’energia solare per la quale sono stati investiti fino a ora circa 4 miliardi, ben ripagati dai generosi incentivi concessi fino a oggi dal sistema elettrico italiano, contribuisce al nostro fabbisogno elettrico per lo 0,2 per cento. Risultato: emissioni di CO2 e di inquinanti atmosferici molto alte, costo delle importazioni molto elevate e continuamente esposto al rischio “prezzo del petrolio”, sicurezza energetica in discussione, come si è visto qualche anno fa con la crisi fra Russia e Ucraina, prezzi dell’energia elettrica mediamente più elevati del 30 per cento rispetto agli altri Paesi, in particolar modo europei. Una situazione che richiederebbe scelte ragionate, risposte strutturali “sostenibili” oltre che efficaci sia in termini di riduzione dello sbilanciamento strategico del mix energetico nazionale, sia in termini di miglioramento del suo impatto ambientale complessivo. Per definire tali scelte a nostro avviso tutte le opzioni dovrebbero essere considerate, nessuna esclusa, inclusa quella nucleare, non come “la” soluzione ma come “parte della” soluzione. L’energia nucleare, quasi ovunque, nel mondo industrializzato è vista come un’insostituibile opportunità che contribuisce alla riduzione del peso delle fonti fossili sulla generazione di energia elettrica, compatibile con un modello di sviluppo eco-sostenibile. Dal punto di vista ambientale non vi è programma internazionale accreditato per la riduzione della CO2 che non preveda anche il ricorso all’energia nucleare e non vi è un solo studio internazionale che affidi alle sole rinnovabili il compito di ridurre il peso dei combustibili fossili. Ed invece tutti gli accenti che sentiamo oggi nel Pd prescindono dall'analisi di questi dati e fatti. Come ha autorevolmente affermato il presidente americano Barack Obama: «Io credo che la creazione di lavori verdi sarà il traino della nostra economia per un lungo periodo. Per questo abbiamo destinato un grande ammontare di denaro per l’energia solare, quella eolica, il biodisel e tutte le altre fonti di energia pulita. Nello stesso tempo, sfortunatamente, per quanto velocemente crescano queste fonti avremo un enorme fabbisogno di energia, che non potrà essere soddisfatto da queste fonti. E la domanda è: “Da dove verrà quest’energia?” L’energia nucleare ha il vantaggio di non emettere gas serra e dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che Paesi come la Francia e il Giappone e altri Paesi sono stati molto più aggressivi nel ricorrere all’energia nucleare e con molto più successo, senza alcun incidente. Siamo consapevoli dei problemi legati al combustibile esausto e alla sicurezza, ma siamo fermamente convinti che questa via sia da percorrere se siamo preoccupati per il cambiamento climatico». Ed è proprio, a nostro parere, dalla cooperazione fra le diverse opzioni, innovazione tecnologica ed efficienza energetica nella produzione e nel consumo, rinnovabili, fossili sempre più puliti e nucleare, che si può individuare la soluzione al duplice problema che abbiamo di fronte: disporre di energia elettrica e ridurre l’impatto ambientale. Senza preclusioni. Siamo l’unico Paese del G8 che non produce energia dal nucleare. L’Europa produce circa il 30 per cento della sua energia elettrica con il nucleare. Nell’Europa dei 27 ben 15 Paesi possiedono impianti nucleari, 12 (Gran Bretagna, Francia, Svezia, Polonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Finlandia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia) hanno annunciato nuovi piani di espansione nucleare. Paesi, un tempo considerati in via di sviluppo, come la Cina, l’India, il Brasile sono fra i primi investitori mondiali in nuovi impianti nucleari. Grandi Paesi produttori di petrolio stanno oggi lanciandosi convintamente nella costruzione di nuove centrali. Sebbene la legge che reintroduce la possibilità di utilizzo del nucleare contenga forzature e punti sbagliati e ci siano limiti nell’azione di governo per la realizzazione dell’annunciato programma nucleare, riteniamo che non sia in alcun modo giustificata l’avversione al reingresso dell’Italia nelle tecnologie nucleari . Gli errori del Governo meritano una puntuale sottolineatura da parte dell’opposizione e le prese di posizione dei gruppi parlamentari del Pd nelle sedi competenti si sono ispirate a una logica di contestazione di merito. È incomprensibile, invece, la sbrigatività e il pressapochismo con cui, spesso, da parte di esponenti del Pd, vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata e con dati di fatto. Abbiamo nel Paese sentito parlare di “masserie fosforescenti” e altre falsità di questo genere, che cozzano contro il buon senso e ogni spirito di razionale e serio approccio al problema. Basterebbe attraversare il confine e visitare centrali nucleari francesi vicine ai castelli della Loira o quelle nelle vallate svizzere per capire l’enormità di tali affermazioni. O ancora per quel che riguarda i costi del programma nucleare: incomprensibile senza una discussione completa su tutti i dati di riferimento (costi di generazione del KWh, costo del combustibile, durata di vita delle centrali eccetera) e senza confronti con i costi delle alternative in caso di rinuncia al programma nucleare. Per non dire del tema della sicurezza che punta a sottacere il track record di sicurezza degli impianti nucleari che non ha paragoni con quello di ogni altra filiera energetica . Le tecnologie nucleari sono, ormai, essenziali e diffuse nel campo sanitario, industriale e della ricerca. Il tema dello smaltimento, del deposito e della sicurezza di tutti i rifiuti nucleari, ad esempio, ci riguarda indipendentemente dalla scelta di costruire nuove centrali. E costituisce un grande tema di ricerca e innovazione tecnologica. Infine. Crediamo che a te non faccia difetto la sensibilità di capire l’importanza per l’industria italiana di partecipare di nuovo a un processo internazionale di sviluppo del nucleare che significherà investimenti significativi in tecnologia, infrastrutture e servizi. E nello sviluppo di occupazione qualificata. Caro Segretario, occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell’innovazione. Ampi settori di intellettualità tecnica e scientifica, che un tempo guardavano al centrosinistra come alla parte più aperta e moderna dell’Italia, non ci capiscono più e guardano altrove. Noi ti chiediamo di prendere atto che il nucleare non è né di sinistra, né di destra e che, anzi, al mondo molti leader di governi di sinistra e progressisti puntano su di esso per sviluppare un sistema economico e modelli di vita e di società eco-compatibili: Brasile con Lula, Usa con Obama, Giappone con Hatoyama, Gran Bretagna con Brown. Noi ti chiediamo di garantire che le sedi nazionali e locali del Pd, gli organi di stampa, le sedi di riflessione esterna consentano un confronto aperto e pragmatico. Riterremmo innaturale e incomprensibile ogni chiusura preventiva su un tema che riguarda scelte strategiche di politica energetica, innovazione tecnologica e sviluppo industriale così critiche e con impatto di così lungo termine per il nostro Paese.

Sen. Umberto Veronesi direttore scientifico Istituto Europeo di Oncologia, Giorgio Salvini presidente onorario Accademia Lincei Margherita Hack astrofisica, Carlo Bernardini professore emerito di Fisica Università di Roma - Direttore di “Sapere”, Enrico Bellone ordinario di Storia della Scienza, Edoardo Boncinelli professore di Biologia e Genetica, Gilberto Corbellini docente di Storia della medicina - Università di Roma, ecc., ecc., ecc.

PERCHE' NO AL NUCLEARE

Dopo aver letto la lettera rivolta a Bersani da esponenti della società civile , una persona anche di buon livello culturale , che avesse qualche velleità antinuclearista o qualche dubbio sulla validità della scelta nucleare penso che appoggerebbe incondizionatamente questa scelta e penserebbe che siamo stati veramente sciocchi e forse folli a indire un referendum che ha portato alla dismissione delle centrali in uso ( in realtà l’unica centrale dismessa nel 1987 è quella di Caorso perché le altre era obsolete e soggette a dismissione naturale).
Il nucleare viene presentato come il giardino dell’Eden: riduce i costi dell’energia elettrica; non produce CO2; lascia gli ambienti incontaminati , andate pure in Francia vicino ai Castelli della Loira o in Svizzera per verificare; è sicuro che più non si può; pone solo qualche piccolo problemino di scorie che in modo o nell’altro si può risolvere; non ci sono inoltre incertezze nell’approvvigionamento di combustibile.

Tra l’altro la lettera sottolinea che bisogna aprire la porta al nucleare e non cedere alla tentazione di un approccio demagogico e antiscientifico al problema energetico. Sembra che chi non appoggia il nucleare non abbia competenze scientifiche, sia un idealista , faccia demagogia e non è intenzionato a risolvere i problemi energetici.
Se poi in calce alla lettera si leggono i nomi che la sottoscrivono, personalità del mondo scientifico e politico di tutto rispetto, la conclusione è inevitabile: abbiamo perso troppo tempo, appoggiamo incondizionatamente il nucleare e anzi impegniamoci a convincere la gente perché si costruiscano le centrali il più presto possibile.

La lettera è faziosa e non contiene alcun dato scientifico serio su cui ragionare. In realtà il problema energetico è complesso e le scelte che ad esso attengono non andrebbero fatte da un singolo governo ma andrebbero ampiamente discusse in parlamento per giungere poi a delle conclusioni seriamente motivate sul piano scientifico e nell’interesse della gente e non di gruppi economici interessati a quelle scelte. Viceversa abbiamo assistito ad una scelta rapida, efficientista ed indolore di questo governo che ha stipulato sottobanco accordi con il governo Francese ed ha sbandierato ai quattro venti che la costruzione delle centrali è l’unica soluzione per risolvere il problema dell’energia rispettando il protocollo di Kyoto.


Detto ciò posso provare a discutere un po’ di nucleare, senza la pretesa di esaurire l’argomento in un articolo ma con l’intento di fare un po’ di informazione.


Il costo dell’energia nucleare per KWh è superiore a quello di qualunque altra fonte energetica. Si stima ad esempio che per ogni euro investito si produce il doppio di KWh con l’eolico rispetto al nucleare. La ragione dei costi elevati è legata a molti fattori, tra cui quelli di costruzione delle centrali, i costi del combustibile e i costi della dismissione delle centrali stesse quando giungono alla fine del proprio ciclo. Questi ultimi non sono addirittura stimabili. Pensate che ancora oggi circa il 10% del costo della bolletta Enel (vedi componente A2 della tariffa elettrica; non visibile sulla bolletta ma rilevabile dal sito dell’Enel) è utilizzato per coprire i costi di dismissione delle vecchie centrali, parliamo di 23 anni fa. Il costo della bolletta elettrica in Italia è circa il 30% in più degli altri paesi europei non perché non abbiamo le centrali nucleari ma a causa di alcuni meccanismi perversi che si hanno nella vendita dell’energia (la borsa elettrica non è una vera e propria borsa) e di costi aggiuntivi che potrebbero essere eliminati.
Il margine di guadagno dei produttori di energia elettrica in Italia è di circa 18 €/MWh a fronte di 10 €/MWh negli altri paesi.

E’ vero che in esercizio una centrale nucleare non genera emissioni di CO2, tuttavia la fase di produzione dell’uranio ha un impatto ambientale molto pesante. La produzione dell’uranio richiede trattamenti lunghi e laboriosi e una notevole quantità di acido solforico, ammoniaca, acido nitrico, cloruro di bario, oltre ad ingenti quantità di acqua. La miniera Olimpic Dam, situata nel sud dell’Australia, per produrre 4000 tonnellate di uranio all’anno consuma 30 milioni di litri di acqua al giorno. A questo si aggiunge che il processo di arricchimento dell’uranio comporta l’impiego di ingenti quantità di fluoro i cui composti hanno un potenziale effetto serra migliaia di volte più potente della CO2. Per riassumere si stima che per ogni KWh prodotto da una centrale nucleare, che utilizza uranio con un buon grado di purezza, vengono emessi circa 96-134 g di CO2. Per confronto una centrale termoelettrica a ciclo combinato a gas emette 350 g di CO2 per ogni KWh. Man mano però che la purezza dell’uranio diminuisce aumenta la quantità di CO2 emessa fino ad arrivare al pari di quella di una centrale termoelettrica a ciclo combinato a gas.


Purtroppo la radioattività non è visibile come il fumo e il fuoco e non produce danni apparenti se non ci investe in quantità significative come nel caso del disastro di Chernobyl. Tuttavia le piccoli dosi che si assumono nel corso del tempo possono produrre seri danni, manifestandosi con varie forme tumorali o con altri effetti non noti. Vi siete chiesti perché non potete fare tante radiografie nel corso di un breve periodo di tempo? Provate a parlarne ad un radiologo. Anche nel caso di una radiografia abbiamo a che far con effetti radioattivi ed in particolare i raggi emessi dalle macchine generatrici di radioattività vengono chiamati raggi X.


A proposito di verdi valli francesi e svizzere, cito tra i tanti esempi la località di Gueugnon. Qui laboratori indipendenti hanno rilevato livelli di radioattività 60 volte superiori al valore naturale e nella stessa località il parcheggio dello stadio di calcio è stato realizzato mischiando al materiale di costruzione circa 30000 tonnellate di scorie radioattive provenienti dalla vicina miniera di uranio. Non toccate però l’argomento del nucleare con le maestranze francesi: è tabù. La democrazia fino ad un certo punto, quando si toccano interessi come questi bisogna imparare a stare zitti e lasciare la democrazia da parte. Non voglio mettermi ad elencare i numerosi incidenti che costantemente accadono nelle centrali nucleari e che passano sotto silenzio. Accenno appena al concetto di rischio accettabile del livello di emissione di radiazione. Tale concetto non indica infatti un rischio zero per la popolazione ma l’accettabilità che un numero definito di persone dovrà morire. Qui stiamo facendo discorsi scientifici e non demagogia.


Sui livelli di sicurezza concordo con l’autore dell’articolo. Le centrali sono dotate di sistemi di sicurezza di elevatissima qualità; ma a quale prezzo? Costi sempre più alti e una forte tendenza alla militarizzazione di questi sistemi. In ogni caso sarebbe bene ricordare quanto si affermava sulla centrale di Chernobyl prima del disastro: “Un incidente al sistema di raffreddamento, in questo tipo di reattori è praticamente impossibile; le possibilità di una fusione del nocciolo sono irrilevanti, una ogni diecimila anni; anche se l’incredibile dovesse accadere i controlli automatici e i sistemi di sicurezza spegnerebbero il reattore in pochi secondi; lavorare qui è più sicuro che guidare un’auto”. Purtroppo l’impossibile è accaduto.


Finché non entreranno in funzione le centrali di quarta generazione, per ora sono ancora in fase di studio, le quali prevedono un riuso ottimale delle scorie, il problema delle scorie c’è ed è molto serio. Al di là della ricerca, difficile e complessa (si pensi per un attimo a Scansano Ionico), di siti adatti allo stoccaggio delle scorie, il problema morale che ci dovremmo porre riguarda l’eredità che lasciamo alle future generazioni. Qui non parliamo di una o due generazioni ma di moltissime di queste. Cosa succede se aumentiamo a dismisura le scorie? Quali disastri ambientali si possono ipotizzare nel caso di fenomeni naturali come terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, ecc?


L’ultima questione riguarda la dipendenza dal combustibile. Attualmente siamo dipendenti dal petrolio e dal gas, domani lo saremo dall’uranio se si farà la scelta della tecnologia nucleare, almeno per quanto riguarda l’energia elettrica perché per i trasporti la dipendenza resta. L’aggravante è che con le centrali attualmente in uso, 439, si stima che le riserve di uranio basterebbero per circa 35-70 anni, in media 50 anni. Se poi venissero realizzati tutti gli impianti programmati e proposti, circa 350, le riserve si ridurrebbero a circa 25 anni.


In conclusione, considerato che il fabbisogno nazionale lordo di energia elettrica viene coperto per il 72,8% dalle nostre centrali termoelettriche, per il 16,1% da fonti rinnovabili e per la parte rimanente, 11,2% , da energia di fonte nucleare di importazione, il nucleare oggi in Italia è una scelta obbligata?
La risposta data nell’articolo rivolto a Bersani è decisamente affermativa. In realtà ci sono delle serie alternative al nucleare e precisamente i Negawatt (energia non consumata con l’utilizzo di più efficienti tecnologie da parte dei consumatori finali) e la generazione distribuita (la produzione combinata di elettricità e calore , chiamata cogenerazione e le fonti rinnovabili distribuite). Queste alternative sono scientificamente valutabili e meriterebbero una analisi approfondita che esula dagli scopi dell’articolo.
Il problema di fondo comunque è che non possono coesistere le due scelte, facciamo qualche centrale e nel frattempo usiamo un po’ di fonti rinnovabili, un po’ di solare, un po’ di eolico e così via.
O si investe nel rinnovabile, con forte ricadute sulla ricerca, sull’occupazione, sull’economia e con la conseguente produzione di KWh con basse emissioni di CO2 , o si investe nella costruzione di centrali. Si tenga infatti conto che una centrale nucleare di 1600 MW ha un costo di circa 3400 €/KW * 1600000 KW = 5,44 miliardi di euro. Questo naturalmente non esclude la possibilità di investire nel settore della ricerca nucleare.

Come si può constatare il problema energetico è molto complesso e richiede certamente un dibattito ampio che possa portare a ragioni convincenti per le scelte da farsi. Il nucleare non è ne di destra né di sinistra come dice bene l’articolo ma è necessario che una forza politica come il PD si esprima senza tentennamenti e senza demagogia. E’ auspicabile dunque che il PD, ed è questo l’invito che faccio a Bersani, discuta ampiamente del problema, senta diversi pareri scientifici con valutazioni pro e contro, utilizzi gli studi disponibili allo stato attuale, magari organizzi un convegno su questo problema in modo da avere dati su cui ragionare. Poi alla fine faccia la scelta no al nucleare motivandola in tutti i suoi aspetti e sostenga una seria battaglia politica in parlamento e se non dovesse bastare nelle piazze. La base del PD si aspetta questo da Bersani e non l’apertura totale e incondizionata alla scelta nucleare.

Giuseppe Torre