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Articoli di attualità politica e non solo a carattere nazionale e locale

venerdì 17 dicembre 2010

BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO


IL DISCORSO DI BERSANI (sintesi)

Pd in piazza, Bersani: «Italia, vieni via con me...»
Come due anni fa al Circo Massimo oggi a San Giovanni presentiamo il volto di un grande Partito popolare. Siamo qui per dare un messaggio all’Italia. Un messaggio di fiducia e di cambiamento. Pensiamo che l’Italia sia ben migliore di ciò che le capita ormai da troppo tempo.
L’Italia deve cominciare a togliersi il berlusconismo dalle vene, deve scrollarsi di dosso un populismo personalistico, propagandistico e impotente.C’è da organizzare un grande sforzo collettivo, uno sforzo di cambiamento, dove chi ha di più deve dare di più. Ci vuole un cambio di passo. L’uomo solo al comando, il “ghe pensi mì” non può risolvere questo problema.Sarà finalmente ora di dire che se siamo arrivati a questo, c’è molto del nostro lavoro. E’ ora che ce lo riconosciamo noi stessi, se vogliamo che altri ce lo riconoscano. Solo due anni fa la scena era questa: una vittoria del centrodestra con una maggioranza senza precedenti nella storia recente del Paese; tutti ad omaggiare i vincitori, presupponendone l’eternità. Una sorta di pensiero unico che si diffondeva. L’opposizione a rischio di diventare il ricettacolo di tutte le frustrazioni e le impotenze, messa dal berlusconismo nell’angolo più difficile di tutte le democrazie mondiali.Noi non siamo caduti nel pensiero unico e nella frustrazione. Nonostante le difficoltà ci siamo sempre ritenuti un Partito di Governo momentaneamente all’opposizione.Abbiamo lavorato nella nostra autonomia, nella nostra distinzione, perché non andasse sprecato nessuno degli spazi critici che si aprivano verso il modello populista e berlusconiano.Ma, care democratiche e cari democratici, noi sappiamo bene che oltre la prossima settimana c’è un cammino davanti a noi e davanti all’Italia. Non si tratta solo di cambiare un Governo. C’è una fase della storia politica italiana da oltrepassare. C’è una questione di sistema da affrontare. Ormai sedici anni fa, dopo la caduta del muro e dopo tangentopoli, Berlusconi si affacciò nel vuoto e nel discredito della politica e propose una persona e un modello. Una scorciatoia personalistica contro l’inefficienza del sistema, l’oppressione dello Stato e della burocrazia, l’impotenza e le vergogne della politica. Promise più libertà e meno tasse, propagandò un modello individualista.Dopo sedici anni e quattro governi Berlusconi, possiamo tirare qualche somma: il bilancio è un disastro.Con la destra al governo più disuguaglianze, meno consumi, meno investimenti e più evasione fiscale, più corruzione e meno prospettive per i giovani.Con la destra al governo deperimento dell’etica pubblica, della dignità delle istituzioni; doppia morale per i potenti; stereotipi insultanti per la dignità della donna; condiscendenza verso il razzismo.Il governo ha fallito perché ha fatto solo propaganda. Hanno sempre bisogno di un nemico e generano così disunione, contrapposizione, tifoseria.Ancora una volta, qui da San Giovanni, rivolgo a loro una domanda: chi aveva ragione due anni fa, dopo le elezioni, quando bisognava impostare la politica economica della legislatura? Loro dicevano, Tremonti in testa, che non c’era problema e quindi regalarono un bengodi alla modica cifra di 4 o 5 miliardi ai possessori dei 100 miliardi fuggiti, evasi e riciclati col più vergognoso condono della storia, o quando buttarono via, a dir poco, una dozzina di miliardi fra Alitalia, abolizione dell’ICI ai più ricchi, soldi agli straordinari, abolizione della tracciabilità dei pagamenti.“Noi dicemmo invece: c’è la crisi, mettete quei soldi per abbassare le tasse sulle famiglie a reddito medio basso, per favorire i consumi, e usatei comuni per un grande piano di piccole opere che partono subito e possono dare lavoro”.Noi allora dicemmo: “c’è il problema. Date subito il messaggio giusto, fate subito la cosa giusta: mettete dei soldi per abbassare le tasse su famiglie e pensionati a reddito medio-basso per favorire i consumi e usate i Comuni per un grande piano di piccole opere che partono subito per dare un po’ di lavoro”.Avevamo ragione noi. Abbiamo sempre dovuto aggiustare i disastri della destra.Berlusconi si è ribaltato da solo. E adesso bisogna evitare che trascini l’Italia nel pozzo. Siamo arrivati ad una stretta politica. E che cosa fa Berlusconi davanti alla stretta? Fa la vittima. E’ davvero incredibile. Ha avuto tutto in mano, ha fatto tutto quello che voleva. Maggioranza galattica, legge elettorale ad personam, il più grande partito d’Italia inventato sul predellino di una macchina. Ha fatto tutto lui e adesso parla di ribaltone? Lui si è ribaltato, si è ribaltato lui, lasciandoci il problema che adesso non si ribalti anche l’Italia e che la sua crisi e il suo fallimento non trascinino il Paese nel pozzo. Questo è il problema! E questo problema dovremmo risolverlo oggi con una nuova campagna elettorale?Non ci arrendiamo al declino dell’Italia.Alla base del nostro progetto ci sono convinzioni profonde, ci sono valori che possono diventare fatti veri e visibili. C’è l’idea che l’unità del Paese possa essere riconquistata e che Nord e Sud possano darsi la mano e fare la strada assieme. C’è l’idea che con più uguaglianza e più solidarietà possiamo avere più crescita e più lavoro.C’è l’idea che con più conoscenza e con più innovazione possiamo aver e più crescita e più lavoro.C’è l’idea che con più legalità, più sobrietà, più civismo possiamo avere più crescita e più lavoro.Noi vogliamo un risveglio italiano.In quell’Europa noi vogliamo una riscossa italiana, un risveglio italiano e per averli chiediamo che la testa Due grandi sfide: una riforma repubblicana e un’alleanza per la crescita e il lavoro.La prima: una Riforma Repubblicana per rafforzare la Costituzione più bella del mondo modernizzando Istituzioni e regole.La seconda: Una alleanza per la crescita e il lavoro. Una riforma delle Istituzioni e delle regole, dunque, che parta da un principio di fondo. Come in tutte le democrazie che funzionano, una persona sola non risolve nulla. Pensare che senza la fatica delle riforme, che senza la fatica della partecipazione si possano risolvere le cose affidandosi a scorciatoie personalistiche è una illusione disastrosa.Questo drammatico equivoco, nel nostro Paese, è andato oltre Berlusconi e si è diffuso in una mentalità. Quando dico: toccasse mai a me mai metterei il mio nome sul simbolo, intendo dire questo. Che noi non dobbiamo suscitare passione per una persona, ma per la nostra Repubblica. Se vogliamo salvarci dobbiamo riscoprire le radici della Repubblica, e darle modernità e una vitalità nuova.Riforme dunque. Bisogna semplificare e rendere efficiente il Parlamento e la forma di Governo, ridurre il numero dei Parlamentari, fare una legge elettorale seria, fare un federalismo responsabile e congegnato per unire. Bisogna portare ogni costo della politica alla media europea, cancellare le leggi speciali e della cricca, semplificare le procedure ordinarie, mettere il cacciavite nel funzionamento di ogni settore della pubblica amministrazione a cominciare dalla giustizia per i cittadini e non per quella di uno solo. Definire le incompatibilità e i conflitti di interesse, cancellare e monopoli e posizioni dominanti a cominciare dall’informazione. Bisogna introdurre norme, a cominciare da quelle finanziarie, per snidare le illegalità e le mafie. Bisogna occuparsi dei diritti, dell’articolo 3 della nostra Costituzione, con leggi che sostengano la parità e riconoscano le differenze a cominciare dal ruolo delle donne nei ruoli di direzione, leggi che combattano l’omofobia, che garantiscano la dignità della persona nella malattia, che impediscano che il disordine dell’immigrazione ricada sulla parte più debole della nostra popolazione e che dicano finalmente a un bambino nato qui e figlio di immigrati: tu sei dei nostri, sei un italiano.Il Paese che vogliamo è un Paese civile, pulito, orgoglioso di essere parte dellegrandi democrazie del mondo e di non rispecchiarsi con populismi e dittature.Questo è il Paese che vogliamo noi. Un Paese civile, pulito, un Paese orgoglioso di essere parte delle grandi democrazie del mondo e di non essere invece allo specchio dei populismi e delle dittature.Infine, ma non per ultimo, in quel patto, deve starci il grande tema del lavoro e delle relazioni sociali. Di fronte alla globalizzazione bisogna dare produttività, flessibilità ed efficienza alle nostre produzioni, ma dare tutto questo a fronte di un quadro di riforme che interessi tutta la società e all’interno di parole d’ordine nuove:L’unità del mondo del lavoro. L’unità del lavoro per noi è un bene pubblico, è una condizione della crescita.Se si parla dell’Italia e del suo futuro, si deve essere disposti a scelte coraggiose. Queste scelte toccano anche a noi al Partito Democratico senza il quale nessun cambiamento è possibile. Per noi questo non è solo un orgoglio: è una responsabilità.Mentre dico questo, aggiungo anche che la nostra vera alleanza noi vogliamo farla con i cittadini e in particolare con la gente a cui vogliamo bene.Noi vogliamo bene a quelli che il pane se lo sudano, ma che possono guardarsi tranquillamente allo specchio. Ai lavoratori che perdono o rischiano l’occupazione, alle famiglie inquiete per il futuro dei figli, ai precari, al pensionato che gira tre supermercati per trovare la merce che costa meno, agli insegnanti che non si arrendono, agli imprenditori che non mollano mai, agli operatori della legalità che resistono, agli amministratori perbene che si appassionano alla loro comunità, agli studenti che sanno studiare e che sanno farsi sentire, ai volontari che diffondono gratuità e solidarietà, agli immigrati che lavorano qui tirano la cinghia e mandano un po’ di soldi alla povertà delle loro famiglie. Noi ci rivolgiamo a questi e a tanta altra gente così perché solo a partire da loro e dalla loro condizione potremo fare un Paese migliore per tutti.Care democratiche e cari democratici, amici e compagni,questa piazza emozionante dice al Paese che siamo forti, che siamo pronti a combattere per le cose in cui crediamo.Siamo pronti ad affrontare politicamente le scelte immediate, già dalla prossima settimana e siamo pronti a darci il passo per un cammino di cambiamento del Paese. Il cambiamento. E’ questo il messaggio forte che viene oggi da San Giovanni.Anch’io ho il mio sogno. Il sogno di un Partito, il Partito Democratico, che possa finalmente dire all’Italia, parafrasando una bella canzone e una grande trasmissione televisiva: Vieni via, vieni via di qui, vieni via con me. Vieni via da questi anni, da queste umiliazioni, da questa indignazione, da questa tristezza. C’è del nuovo davanti, c’è un futuro da afferrare assieme, l’Italia e noi.
11 DICEMBRE 2010 –PIAZZA SAN GIOVANNI ROMA
http://beta.partitodemocratico.it/doc/200585/una-riforma-repubblicana-unalleanza-per-la-crescita-e-il-lavoro.htm

giovedì 9 dicembre 2010

LA NOSTRA SARÀ LA PIAZZA DELLA DEMOCRAZIA

l'Unità intervista Bersani: "Berlusconi nei momenti critici è più pericoloso. Vergognosi gli attacchi a Quirinale e Costituzione"
Segretario Bersani. Manca una settimana alla manifestazione del Pd e dieci giorni al voto di fiducia. E uno dei coordinatori del Pdl ha appena offeso il Quirinale. Si respira un'aria brutta. Ci dica: secondo lei ci sono pericoli per la tenuta democratica?
"Siamo sicuramente a un passaggio crucialissimo. Man mano che si avvicinano momenti critici per lui Berlusconi è sempre più pericoloso. Fasi come questa, quando c'è il tramonto ma ancora non si vede l'alba, sono fasi nelle quali la nostra democrazia può subire degli strappi. Si, l'uscita di Verdini è stata vergognosa, ma fa parte di un già sentito. È l'idea che la Costituzione sia un orpello e che chiunque non faccia quel che Berlusconi vuole sia un traditore, un eversore. È un'idea pericolosa che Berlusconi cerca di far entrare nel senso comune. Come l'idea del tradimento e del ribaltone. Aveva una maggioranza mai vista, aveva tutto, e alla fine si è ribaltato da solo".

Ieri ha ripetuto che la caduta del suo governo sarebbe un colpo mortale alla stabilità economica.
"Ma se sono cinque mesi che la maggioranza di governo è in crisi! Cosa è questo se non instabilità? Simili argomenti appartengono a un meccanismo sottilmente anticostituzionale e violentemente vittimistico che va contrastato con tutta la forza che abbiamo. Ed è una forza che non va assolutamente sottovalutata".

La manifestazione dell'11dunque non è solo "di protesta e di proposta" ma, come accadeva qualche anno fa, è un modo per dire: attenti, ci siamo, siamo tanti. Insomma, rientra nall antica categoria della "vigilanza democratica"?
"Sicuramente c'è questo elemento. E ce ne sono altri. C'è un partito saldamente democratico che va in piazza per dire che noi abbiamo la Costituzione più bella del mondo e che va rispettata. E che dice con forza: liberiamoci, facciamo un passo avanti in una direzione nuova, presentiamo il nostro progetto, diciamo le nostre idee per il paese. Con in più un messaggio che deve arrivare ai nostri: due anni fa il centro-destra aveva tutto in mano e l'opposizione era in una condizione difficilissima, inedita: perdita di voce, rischio di diventare il luogo rabbioso di tutte le frustrazioni... Bene, noi in questi due anni difficili abbiamo visto la crisi per primi e abbiamo lavorato perché si comprendesse la distanza tra politiche del governo e situazione economica e sociale. Ci siamo inseriti intelligentemente dentro le contraddizioni che si aprivano nel centrodestra. E, infine, abbiamo condotto le cose in modo da realizzare al momento giusto un'operazione di chiarezza politica: la mozione di sfiducia. Ripeto: nel giorno giusto, e non tutti i giorni come voleva qualcuno. Questo l'abbiamo fatto noi e - tengo a dirlo - se non ci viene riconosciuto è perché, purtroppo, a volte non ce lo riconosciamo tra di noi".

Cosa accadrà il 14 dicembre?
"Qualunque cosa accada, dopo quel giorno combatteremo da una posizione più avanzata. È un punto molto importante da tener presente. Se pensassimo che basta un giorno, il voto di un giorno, per chiudere con Berlusconi e col berlusconismo, non avremmo capito nulla degli ultimi quindici anni. Abbiamo davanti un cammino e, dopo il 14, saremo comunque più avanti nella strada verso l'alternativa".

Ieri Clcchitto ha aperto alla possibilità di una riforma del Porcellum. Queste aperture improvvise rafforzano il dubbio che si stia lavorando all'ipotesi di un nuovo governo di centrodestra magari allargato....
"Si sentono voci di questo genere. Il punto di fondo è che questa crisi riguarda il rapporto del governo con la società, lo scollamento del governo dai problemi reali. Proprio per questo credo, e non temo di sbagliarmi, che la risposta a un problema così di fondo non possa venire dal perimetro del centrodestra, anche correggendone un po' i confini. Se poi ci fossero operazioni delimitate o caratterizzate nell'ambito del centrodestra sapremmo fare l'opposizione in un quadro mutato, tenendo conto del fatto che in questo momento l'opzione numero uno è che Berlusconi se ne vada. Siccome non lo vedo molto propenso a questo passaggio, mi pare che tutte queste soluzioni che si ipotizzano nell'ambito del centrodestra siano tutte piuttosto complicate".

Lei da tempo ha parlato, nei caso in cui il governo tecnico si rivelasse non praticabile, di una ipotesi b: un'alleanza tra forze che "in un contesto normale" non potrebbero stare assieme. Ma questa alleanza la vede come un patto di legislatura o come qualcosa di più limitato nel tempo?
"Mi rifiuto di considerare ipotesi b. Andare a votare sarebbe un disastro. Ma, se parliamo di politica, dico che ho in testa una fase che ci metta in condizioni di preparare l'alternativa. Noi abbiamo da rafforzare e ristrutturare il campo del centrosinistra, dargli unità, perché ora appare francamente dissociato, dargli un profilo di governo. Ed è questo il ruolo del Pd. Perché vorrei che fosse chiaro un punto: senza il Pd non si manda a casa Berlusconi, né si può fare un governo di transizione che sia un passo verso una strada nuova. Senza il Pd non si può fare l'alternativa. Cominciamo a convincercene noi e se ne convincano anche gli amici o i pseudoamici: il Pd è il perno di questa responsabilità. Ancora abbiamo cose da aggiustare, le aggiusteremo. Ma bisogna che sentiamo questa responsabilità ... "

A proposito di cose da aggiustare, come è possibile che alle primarie in una città, pario di Torino, ma prima c'era stata Milano, si candidino più candidati del Pd col risultato di far vincere un candidato esterno o comunque di mettere in altre mani la scelta del candidato espresso dal partito?
"Ogni giorno ha la sua pena e quindi preferisco non aprire ora una discussione sul tema. Mi rifaccio a ciò che dissi: questo delle primarie è un meccanismo che se non gli diamo una manutenzione rischia di essere delegittimato e di creare delle disfunzionalità enormi. Quella che ha citato è una, ma ce ne sono anche altre. Dobbiamo chiarire se le primarie siano, come dire, un "diritto esigibile" dentro e fuori il partito o se siano un meccanismo di partecipazione, uno strumento possibile a seguito di decisioni politiche e di regole che garantiscano la soggettività del partito. Questo è il nodo e nei tempi e nei modi giusti dovremo scioglierlo".

Su l'Unità da tempo abbiamo lanciato un appello per le primarie nelle circoscrizioni, per scegliere i candidati del Pd in presenza del Porcellum.
"Ribadisco che non esistono piani b, che non si può parlare di elezioni con questo modello elettorale. Ma raccolgo il vostro appello. Se vogliamo ragionare in astratto, nell' ipotesi che si arrivi a votare con un meccanismo assurdo dovremmo trovare al nostro interno dei meccanismi di partecipazione che consentano di esprimere candidature che abbiano intanto il consenso nel partito e non siamo a comando mio o di chiunque altro. Ma non dimentichiamo la questione principale, che è l'eliminazione del Porcellum. Detto questo certamente non faremo le candidature nelle segrete stanze".

Il rapporto del Censis descrive un paese depresso, scoraggiato. Può un governo di transizione affrontare questa complessità?
"La deve affrontare. Sono reduce da Varsavia dove si è svolto l'incontro tra i partiti progressisti europei. Tutta l'Europa non parla d'altro che delle turbolenze, per usare un eufemismo, di tipo finanziario e soprattutto di come fare a rientrare dal debito senza massacrare le prospettive dell'occupazione. E l'Italia è dal punto di vista dell'economia reale in guai più seri di altri. Siamo al 118 nel rapporto debito/Pil e viaggiamo verso il 120. Oltre alla legge elettorale, dobbiamo mettere mano ad alcune questioni. Come l'emergenza relativa alla finanza pubblica, al lavoro per i giovani e almeno a uno stralcio di riforma fiscale. Che è un'altra emergenza".

Quanto tempo occorre?
"Tempi, modi e forme li discuteremo ascoltando la voce del Quirinale, verso il quale è il momento di avere un rispetto ancora più assoluto. Dal punto di vista nostro posso dire solo che il governo deve avere il tempo di fare queste tre o quattro cose e mettere gli schieramenti nelle condizioni di presentare delle alternative nuove... Guardi che se ci ritrovassimo ancora una volta a votare su Berlusconi si o Berlusconi no resteremmo fermi ai quindici anni che abbiamo alle spalle. Perderemmo un altro giro, sarebbe un disastro... Non è più solo in gioco il berlusconismo ma un meccanismo che Berlusconi ha introdotto e interpretato di personalizzazione della politica e di questa nostra democrazia che, come il Censis dice, è al tramonto nella coscienza della gente..."

C'è da immaginare che questi aspetti del rapporto Censis le abbiano fatto particolarmente piacere. Penso alla sua decisione di non comparire col suo nome nel simbolo...
"E lo confermo assolutamente. Capitasse a ime, piuttosto sto a casa ma il nome nel simbolo no. Non vorrei che, mentre il centrodestra si convince via via che il meccanismo del ghe pensi mi non funziona, prendessimo quella malattia e provassimo noi a giocare quella carta. Una carta che non c'è più. Dobbiamo ricominciare dalle riforme, anche quelle difficili, e da una politica sobria, onesta, perfino "modesta" che incroci un'esigenza di pulizia e di semplicità. È questo che il Paese vuole e, se non ce ne accorgiamo per tempo, rischiamo anche noi"
Pierluigi Bersani

lunedì 6 dicembre 2010

RINVIO SULL'ACQUA IN REGIONE LOMBARDIA

Martina, PD: oggi abbiamo segnato un punto ma la nostra battaglia
"Vittoria delle ragioni del Partito democratico e degli altri gruppi di minoranza in Consiglio regionale sulla riforma del servizio idrico integrato. Il Pd aveva dapprima posto la pregiudiziale e quindi chiesto la sospensiva della trattazione del tema, motivandolo con il fatto che rischiava di essere troppo presto per dire una parola definitiva su una riforma che, a febbraio, potrebbe essere stoppata dalla Corte Costituzionale.

E in effetti, dopo aver bocciato la sospensiva, a metà pomeriggio, anche la maggioranza ha condiviso la posizione di Pd, Idv, Udc e Sel: la discussione verrà rinviata al 23 dicembre, dopo l'approvazione della finanziaria regionale, ma soprattutto, si spera, dopo l'emanazione del Decreto Milleproroghe del Governo nazionale.

Il documento romano potrebbe, infatti, contenere una proroga anche all'entrata in vigore della legge che chiede alle Regioni la riforma del servizio. In questo caso, si slitterebbe a febbraio, in attesa della sentenza della Corte Costituzionale sul ricorso del Veneto. E tutto potrebbe essere rimesso in gioco". Così il Pd in Regione in merito al dibattito in aula sulla riforma del servizio idrico. "Una vittoria delle ragioni del buonsenso - affermano Luca Gaffuri e Fabrizio Santantonio, capogruppo e consigliere regionale del Pd -.

La maggioranza ha concordato con noi che non era logico intraprendere una strada il cui tracciato potrebbe essere completamente modificato e invalidato da qui a tre mesi, con ripercussioni sulla gestione dell'acqua e conseguenti costi e ritardi che ricadranno sulle spalle dei cittadini-utenti".

Durante il dibattito prima della decisione di rinviare l'argomento, il Pd aveva sottolineato le ragioni che inducono la minoranza ad attendere che la questione si chiarisca a livello nazionale: "Vogliamo evitare - aveva detto in Aula Gaffuri – che Regione Lombardia faccia passare un decreto che rischia, alla fine dell'iter, di toccare il diritto all'acqua pubblica, toglie il controllo del bene ai Comuni svendendolo alle province e soprattutto inibisce la possibilità della gestione in house".

Santantonio aveva posto l'accento sulle tre questioni fondamentali, contenute negli emendamenti dell'opposizione già approvati dalla VIII Commissione agricoltura e risorse idriche: "Il mantenimento della titolarità del servizio idrico integrato ai Comuni, la salvaguardia del sistema fino a oggi vigente e la unitarietà, e non unicità, della gestione".

Martina, PD: oggi abbiamo segnato un punto ma la nostra battaglia continua.

“Oggi abbiamo segnato un punto rispondendo anche ai tantissimi cittadini lombardi che si sono mobilitati contro questa forzatura. Il nostro impegno continua fino a quando non sarà cambiata questa legge sbagliata”. Così Maurizio Martina, segretario regionale del PD, commenta lo stop alla legge regionale sull’acqua avvenuto oggi in Consiglio regionale dopo la forte opposizione del PD.

“Pdl e Lega – continua Martina - pensavano di superare il dibattito del Consiglio regionale di oggi con facilità, facendoci ingoiare una proposta di legge che avrebbe privato i comuni della titolarità della gestione di un servizio fondamentale come l’acqua. In realtà, grazie al lavoro del PD e allo sforzo di tutte le opposizioni il voto finale viene rimandato e a questo punto per noi sarà determinante verificare se a livello nazionale, dal Parlamento, arriverà l’auspicata proroga dei termini.”

Milano, 30 novembre

PD REGIONE LOMBARDIA

BERLUSCONI ALLO SBANDO. CAMERA CHIUSA. PAESE IN BILICO. IL PD ARGINE DELLA DEMOCRAZIA OCCUPA LA PIAZZA: TUTTI A ROMA L’11 DICEMBRE

“Berlusconi è un uomo allo sbando” ha denunciato ieri Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc (Il Corriere della Sera). “E sarà sempre peggio” ha rincarato Carmelo Briguglio, parlamentare di Futuro e Libertà. Lo scontro politico tra il presidente del Consiglio ed i rappresentanti del cosiddetto Terzo polo si sta trasformando in una rissa da strada, mentre la Camera è chiusa in attesa del dibattito sulla fiducia (per un voto imposto dalla maggioranza, timorosa di cadute e incidenti parlamentari a ripetizione) e il paese è allo sbando. Berlusconi non è stato da meno di Casini e Fini nel fare a brandelli la dignità della politica. Sempre da Il Corriere della Sera: «Sono assolutamente consapevole che ho una certa età e che dovrò lasciare prima o poi, ma passerò il testimone quando avrò terminato il programma e comunque mai a maneggioni della vecchia politica che hanno a cuore solo le loro ambizioni personali, semmai a una nuova generazione di politici, seri e preparati». I numeri due, tre, quattro e oltre dei diversi partiti di governo si sono esercitati intanto a lanciare qualche amo per eventuali accordi dell’ultimo momento (legge elettorale, qualche altro nome per il governo).
La verità è che il paese è fermo, in bilico, in mezzo a un passaggio difficilissimo, interno e internazionale, dal punto di vista economico, sociale, politico. In questi dieci giorni che mancano al voto sulla fiducia si rischia davvero molto. Da qui, l’appello di Pier Luigi Bersani e del presidente del gruppo Pd alla Camera ai parlamentari di stare in mezzo alla gente, di organizzare la mobilitazione e di fare in modo che militanti e simpatizzanti si preparino in massa ad essere presenti, soprattutto a partecipare alla manifestazione che il Pd ha indetto per l’11 dicembre in piazza San Giovanni, a Roma (lettera di venerdì volta a criticare la gravità della decisione di sospendere i lavori dell’aula di Montecitorio). E’ il momento più pericoloso, ha spiegato in una lunga intervista (si può leggere in allegato) il segretario del Pd Pier Luigi Bersani all’Unità, avvertendo che la caduta di Berlusconi sarà solo il primo passo per il superamento del berlusconismo. E che è un passo ancora da ottenere.
Sandro Gozi, deputato del Pd, ha proposto addirittura di tornare forzatamente in aula a Montecitorio per marcare la drammaticità di questo momento e l’avventurismo della destra.
fonte: La Nota del mattino dei Circoli Pd

LA STRATEGIA DI BERSANI, LOTTATORE DI SUMO A CENTRO RING

Miguel Gotor sul Sole 24 Ore: In questi mesi l'opinione pubblica italiana ha una sola parola d'ordine: il PD nel pantano mentre Berlusconi perde consensi
I democratici appaiono come un pesce in barile e il loro segretario un novello San Sebastiano infilzato, sul fianco destro, da Fini e Casini e, su quello sinistro, da Di Pietro e Vendola, ovvero dalle alchimie del politicismo neo-democristiano e dai facili personalismi delle primarie di coalizione all'amatriciana. Due modi ugualmente efficaci per morire tra delusioni maliziose e interessati scoramenti.
Eppure, se alzassimo lo sguardo potremmo scoprire un'altra prospettiva: Bersani ha accettato di pagare un prezzo in termini di consenso al suo partito, in quanto sta seguendo una precisa linea politica, non priva di risultati già nell'immediato. Egli infatti non ha scelto la strada più facile, quella di collocare il partito nel recinto dell'opposizione di sinistra al Cavaliere, tra Di Pietro e Vendola, ma ha voluto situarlo al centro di tutte le opposizioni al berlusconismo.
A suo modo di vedere è preferibile un Pd "basso" sul piano elettorale, ma nel cuore delle possibili alternative al Cavaliere, che non un Pd "alto", ma isolato a sinistra (dove in tanti lo vorrebbero). In questa maniera si è lasciato aperto il maggior ventaglio di alleanze possibili nella convinzione che i voti non valgono solo in base alla loro quantità, ma se hanno un valore intrinseco, ossia se possono essere spesi in diversi scenari che a tutt'oggi non sono ancora definibili per modalità e tempi e certo non dipendono da lui.
Ma perché Bersani avrebbe accettato di pagare questo prezzo e quali risultati che sta raggiungendo? Anzitutto, lo ha fatto per offrire una sponda a Fini. Nel giro di sei mesi il presidente della Camera è uscito dal Pdl, ha fondato un nuovo partito, ha ritirato i ministri dal governo e ora sfiducia il suo antico alleato, in un quadro di palese antagonismo alla leadership del Cavaliere.
Se Fini non avesse trovato il Pd dove lo ha incontrato, ossia disponibile a un governo di responsabilità nazionale per cambiare la legge elettorale, non avrebbe mai avuto la forza di sfidare Berlusconi a viso aperto, anche perché Casini non avrebbe esitato un attimo a sostituirlo nel governo, peraltro restituendogli pan per focaccia. Non a caso lo spauracchio di una maggioranza alternativa è già operativo in Parlamento, ma potrebbe scattare anche in caso di elezioni, in un quadro emergenziale, come abilmente ventilato dal capogruppo Franceschini, avversario di Bersani alle primarie, entrato nella maggioranza del partito rafforzando il segretario.
Dal suo punto strategico Bersani sta ottenendo il logoramento di Berlusconi per interposta persona (tramite Fini e Casini), ma senza rompere con Di Pietro e Vendola. Egli sta combattendo come un lottatore di Sumo che sfrutta a suo vantaggio la forza dell'avversario, opponendo la resistenza del proprio peso elettorale, che resta considerevole, e continuando a occupare il centro del quadrato di gara.
Non ha insistito, come il suo predecessore, lungo la strada di un accordo bipolare ad excludendum con Berlusconi, bensì ha favorito la disseminazione del campo politico in più forze intermedie, a cui è disposto a regalare qualcosa del suo, pur di aumentare le possibilità di battere l'avversario per via parlamentare (se si formasse un governo senza Berlusconi, con Fini e Casini dentro, o una nuova maggioranza che comprendesse anche il Pd) oppure per via elettorale (nel caso di elezioni).
In secondo luogo, Bersani con la sua originale collocazione sta condizionando la nascita del terzo polo: qualora l'alleanza tattica tra i transfughi del berlusconismo, Fini e Casini (i due traditori nella prevedibile campagna del Cavaliere), si trasformasse in un cartello elettorale, non solo non avrebbero alcuna possibilità di conseguire il premio di maggioranza, ma leverebbero più voti a Berlusconi che a Bersani, dunque favorendo il suo successo nel caso in cui si andasse a elezioni con queste regole.
Per questa ragione, per cambiare la legge elettorale, hanno più bisogno Fini e Casini del Pd che non il contrario. Il posizionamento di Bersani poggia su un primo convincimento: Berlusconi non si batte con l'antiberlusconismo e basta o dentro una logica frontista, perché in Italia la destra ha un radicamento e una forza che sarebbe sciagurato sottovalutare. Bersani è convinto che la mela del berlusconismo sia ormai bacata, ma non è ancora pronta a cadere a terra e bisogna continuare a scuotere l'albero.
Il segretario del Pd può permettersi questa tattica all'apparenza rinunciataria perché parte da una seconda valutazione di fondo: con questa legge elettorale, nessuna alternativa al Cavaliere è possibile senza coinvolgere il Pd, quel fastidiosissimo 25% (che sia il 23% o il 28% poco importa sul piano della qualità dell'azione politica) che dispiace a tanti perché non è un voto di opinione, ma anch'esso, proprio come quello del Pdl, un blocco sociale e culturale, un impasto di tradizioni, valori e interessi distribuiti a livello nazionale e, qui è l'originalità, fondati sull'autonomia della politica, non sul suo discredito o la sua subalternità.
Bersani sa bene che Berlusconi in questo paese fa comodo a tanti perché li fa sentire migliori senza il minimo sforzo.
L'ultimo Gaber l'aveva capito bene quando cantava «Destra-Sinistra, basta!», mentre la moglie Ombretta Colli governava la provincia di Milano con Forza Italia. Del resto, l'indimenticato chansonnier meneghino fischiettava: «Io direi che il culatello è di destra e la mortadella è di sinistra». Il che potrebbe anche esser vero, ma l'anello che non tiene è proprio qui: "culatello Bersani" è cresciuto a pane e mortadella e, per quanto paziente e persino generoso, non è nato ieri. Sarebbe bene non sottovalutarlo.
http://beta.partitodemocratico.it/doc/113339/la-strategia-di-bersani-lottatore-di-sumo-a-centro-ring.htm

mercoledì 1 dicembre 2010

DEBITO E INCAPACITA’DEL GOVERNO: CON L’EURO SOTTO PRESSIONE, L’ITALIA DI BERLUSCONI FINISCE NEL MIRINO DEGLI SPECULATORI.

Euro sotto pressione e ancora tempesta sui mercati finanziari. Gli speculatori hanno messo nel mirino i paesi con i conti pubblici più in dissesto. Dopo l’Irlanda, salvata dal piano messo a punto dall’Unione europea, è la volta del Portogallo. Ma già si vedono gli effetti negativi degli attacchi alla Spagna e adesso anche all’Italia. Ieri è cresciuto ancora il divario tra gli interessi relativi ai più sicuri titoli di Stato tedeschi, i Bund, e i Btp italiani. In forte crescita anche i titoli che assicurano gli investimenti contro l’eventualità di fallimento di un paese. Con l’euro sotto attacco da parte della speculazione, insomma, l’Italia, che ha un debito pubblico passato dal 104 per cento del Pil lasciato dal governo di Romano Prodi al 120 per cento delle previsioni di oggi e che è guidata da un governo e una maggioranza considerati incapaci di affrontare la crisi e fattori essi stessi di instabilità, rischia di pagare un prezzo pesantissimo.
Massimo Giannini, La Repubblica: “Se persino il Richelieu di Palazzo Chigi, Gianni Letta, si spinge a dire in pubblico che esiste «una preoccupazione forte» su un rischio di contagio «forse anche per l`Italia», vuol dire che il livello di guardia è stato raggiunto. La sortita del sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha fatto infuriare Giulio Tremonti. Con chi lo incontra in queste ore, il ministro dell`Economia schiuma rabbia contro il braccio destro di Berlusconi: che ne sa di mercati internazionali, lui che è stato a malapena a Milano un paio di volte? Ma Tremonti sa che Letta, sull`effetto-domino, non ha per niente torto. Ci sono segnali inequivocabili. Per quanto riguarda l`Italia, lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi ha sforato quota 210 punti base. La stessa cosa è accaduta per i Cds, i contratti con i quali gli operatori si assicurano dal rischio di default di un Paese, schizzati a quota 263 punti. E’ il segno che i mercati, non fidandosi della tenuta italiana, chiedono un premio di rischio più alto per continuare a investire sui nostri titoli. Per quanto riguarda l`Europa, continua lo stillicidio sui Paesi «periferici» (Grecia, Irlanda e Portogallo). Ma l` attacco speculativo si estende anche alla Spagna. E da ieri addirittura al Belgio. «E se nel mirino finisce il Belgio - si sostiene a Via XX Settembre, sede del ministero dell’Economia - il rischio non è più nazionale, ma diventa sistemico». La conferma, esplicita, è nella caduta dell`euro e nel crollo delle Borse”.
fonte: Ufficio dei Circoli Pd

LA "NON" RIFORMA GELMINI

Ieri alla Camera dei Deputati è stato approvato il Decreto Gelmini ovvero la "non" riforma dell'Università.
Dario Franceschini, capogruppo alla Camera, ha dichiarto il voto contrario del Pd e ha fatto un intervento molto appassionato, concreto e applaudito.
Quidi seguito il video:

"Le migliaia di studenti che stanno manifestando in tutta Italia non hanno le spalle nessun partito e nessun sindacato, hanno fatto tutto spontamente - ha ricordato Franceschini - Le riforme vere si fanno sempre con l'ascolto e la concertazione e le proteste si cerca di capirle e non le si liquida con slogan sprezzanti. E' solo uno slogan parlare di lotta contro baroni e di merito. Pretendete di chiamare riforma quello che è solo un elenco di tagli. I ragazzi - prosegue - con la loro intelligente protesta hanno capito quello che non ha capito il ministro Bondi e cioè che i nostri monumenti sono la nostra carta di presentazione al mondo. Imparate da loro. Noi faremo diventare centrale il tema dell'universita' alla manifestazione del Pd dell'11 dicembre".