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martedì 18 maggio 2010

LETTERA DI PERSONAGGI DELLA SOCIETA' CIVILE A BERSANI SUL PROBLEMA DEL NUCLEARE

Questa lettera è stata pubblicata dal “Riformista” l’11-05-2010 ed è un esplicito invito a Bersani ad aprire le porte al nucleare. Nell’articolo dal titolo "PERCHE' NO AL NUCLEARE" che compare nel blog successivo, l’autore invita il segretario a valutare seriamente e con forza le soluzioni alternative al nucleare, fornendo indicazioni precise sul perché della scelta: no al nucleare.

Caro Segretario, chi ti scrive segue con attenzione l’esperienza del Partito democratico. Alcuni sono impegnati anche nella vita del Pd. E apprezzano il lavoro che stai facendo per dare al Pd concretezza e radicamento, ponendo al centro della sua iniziativa i temi del lavoro e della insufficiente struttura produttiva italiana. Oltre naturalmente alla questione più generale e importante delle regole della democrazia italiana. Vorremmo dare un contributo serio a questa discussione. Tornando ai fondamentali come si dice e cercando di approfondire le questioni con rigore intellettuale e scientifico. E con spirito concreto.
Fra le grandi questioni irrisolte del nostro Paese vi è il problema energetico. I dati ti sono chiari: importiamo più dell’80 per cento dell’energia primaria di cui abbiamo bisogno, principalmente, da Paesi geopoliticamente problematici. Produciamo l’energia elettrica per il 70 per cento con combustibili fossili. Circa il 15 la importiamo dall’estero e prevalentemente di origine nucleare. Se non la importassimo la nostra dipendenza dai combustibili fossili (gas e carbone in primo luogo) salirebbe oltre l’80 per cento. Con le rinnovabili, se escludiamo l’idroelettrico, patrimonio storico del nostro Paese, ma praticamente non aumentabile, produciamo circa il 6 per cento. L’energia solare per la quale sono stati investiti fino a ora circa 4 miliardi, ben ripagati dai generosi incentivi concessi fino a oggi dal sistema elettrico italiano, contribuisce al nostro fabbisogno elettrico per lo 0,2 per cento. Risultato: emissioni di CO2 e di inquinanti atmosferici molto alte, costo delle importazioni molto elevate e continuamente esposto al rischio “prezzo del petrolio”, sicurezza energetica in discussione, come si è visto qualche anno fa con la crisi fra Russia e Ucraina, prezzi dell’energia elettrica mediamente più elevati del 30 per cento rispetto agli altri Paesi, in particolar modo europei. Una situazione che richiederebbe scelte ragionate, risposte strutturali “sostenibili” oltre che efficaci sia in termini di riduzione dello sbilanciamento strategico del mix energetico nazionale, sia in termini di miglioramento del suo impatto ambientale complessivo. Per definire tali scelte a nostro avviso tutte le opzioni dovrebbero essere considerate, nessuna esclusa, inclusa quella nucleare, non come “la” soluzione ma come “parte della” soluzione. L’energia nucleare, quasi ovunque, nel mondo industrializzato è vista come un’insostituibile opportunità che contribuisce alla riduzione del peso delle fonti fossili sulla generazione di energia elettrica, compatibile con un modello di sviluppo eco-sostenibile. Dal punto di vista ambientale non vi è programma internazionale accreditato per la riduzione della CO2 che non preveda anche il ricorso all’energia nucleare e non vi è un solo studio internazionale che affidi alle sole rinnovabili il compito di ridurre il peso dei combustibili fossili. Ed invece tutti gli accenti che sentiamo oggi nel Pd prescindono dall'analisi di questi dati e fatti. Come ha autorevolmente affermato il presidente americano Barack Obama: «Io credo che la creazione di lavori verdi sarà il traino della nostra economia per un lungo periodo. Per questo abbiamo destinato un grande ammontare di denaro per l’energia solare, quella eolica, il biodisel e tutte le altre fonti di energia pulita. Nello stesso tempo, sfortunatamente, per quanto velocemente crescano queste fonti avremo un enorme fabbisogno di energia, che non potrà essere soddisfatto da queste fonti. E la domanda è: “Da dove verrà quest’energia?” L’energia nucleare ha il vantaggio di non emettere gas serra e dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che Paesi come la Francia e il Giappone e altri Paesi sono stati molto più aggressivi nel ricorrere all’energia nucleare e con molto più successo, senza alcun incidente. Siamo consapevoli dei problemi legati al combustibile esausto e alla sicurezza, ma siamo fermamente convinti che questa via sia da percorrere se siamo preoccupati per il cambiamento climatico». Ed è proprio, a nostro parere, dalla cooperazione fra le diverse opzioni, innovazione tecnologica ed efficienza energetica nella produzione e nel consumo, rinnovabili, fossili sempre più puliti e nucleare, che si può individuare la soluzione al duplice problema che abbiamo di fronte: disporre di energia elettrica e ridurre l’impatto ambientale. Senza preclusioni. Siamo l’unico Paese del G8 che non produce energia dal nucleare. L’Europa produce circa il 30 per cento della sua energia elettrica con il nucleare. Nell’Europa dei 27 ben 15 Paesi possiedono impianti nucleari, 12 (Gran Bretagna, Francia, Svezia, Polonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Finlandia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia) hanno annunciato nuovi piani di espansione nucleare. Paesi, un tempo considerati in via di sviluppo, come la Cina, l’India, il Brasile sono fra i primi investitori mondiali in nuovi impianti nucleari. Grandi Paesi produttori di petrolio stanno oggi lanciandosi convintamente nella costruzione di nuove centrali. Sebbene la legge che reintroduce la possibilità di utilizzo del nucleare contenga forzature e punti sbagliati e ci siano limiti nell’azione di governo per la realizzazione dell’annunciato programma nucleare, riteniamo che non sia in alcun modo giustificata l’avversione al reingresso dell’Italia nelle tecnologie nucleari . Gli errori del Governo meritano una puntuale sottolineatura da parte dell’opposizione e le prese di posizione dei gruppi parlamentari del Pd nelle sedi competenti si sono ispirate a una logica di contestazione di merito. È incomprensibile, invece, la sbrigatività e il pressapochismo con cui, spesso, da parte di esponenti del Pd, vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata e con dati di fatto. Abbiamo nel Paese sentito parlare di “masserie fosforescenti” e altre falsità di questo genere, che cozzano contro il buon senso e ogni spirito di razionale e serio approccio al problema. Basterebbe attraversare il confine e visitare centrali nucleari francesi vicine ai castelli della Loira o quelle nelle vallate svizzere per capire l’enormità di tali affermazioni. O ancora per quel che riguarda i costi del programma nucleare: incomprensibile senza una discussione completa su tutti i dati di riferimento (costi di generazione del KWh, costo del combustibile, durata di vita delle centrali eccetera) e senza confronti con i costi delle alternative in caso di rinuncia al programma nucleare. Per non dire del tema della sicurezza che punta a sottacere il track record di sicurezza degli impianti nucleari che non ha paragoni con quello di ogni altra filiera energetica . Le tecnologie nucleari sono, ormai, essenziali e diffuse nel campo sanitario, industriale e della ricerca. Il tema dello smaltimento, del deposito e della sicurezza di tutti i rifiuti nucleari, ad esempio, ci riguarda indipendentemente dalla scelta di costruire nuove centrali. E costituisce un grande tema di ricerca e innovazione tecnologica. Infine. Crediamo che a te non faccia difetto la sensibilità di capire l’importanza per l’industria italiana di partecipare di nuovo a un processo internazionale di sviluppo del nucleare che significherà investimenti significativi in tecnologia, infrastrutture e servizi. E nello sviluppo di occupazione qualificata. Caro Segretario, occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell’innovazione. Ampi settori di intellettualità tecnica e scientifica, che un tempo guardavano al centrosinistra come alla parte più aperta e moderna dell’Italia, non ci capiscono più e guardano altrove. Noi ti chiediamo di prendere atto che il nucleare non è né di sinistra, né di destra e che, anzi, al mondo molti leader di governi di sinistra e progressisti puntano su di esso per sviluppare un sistema economico e modelli di vita e di società eco-compatibili: Brasile con Lula, Usa con Obama, Giappone con Hatoyama, Gran Bretagna con Brown. Noi ti chiediamo di garantire che le sedi nazionali e locali del Pd, gli organi di stampa, le sedi di riflessione esterna consentano un confronto aperto e pragmatico. Riterremmo innaturale e incomprensibile ogni chiusura preventiva su un tema che riguarda scelte strategiche di politica energetica, innovazione tecnologica e sviluppo industriale così critiche e con impatto di così lungo termine per il nostro Paese.

Sen. Umberto Veronesi direttore scientifico Istituto Europeo di Oncologia, Giorgio Salvini presidente onorario Accademia Lincei Margherita Hack astrofisica, Carlo Bernardini professore emerito di Fisica Università di Roma - Direttore di “Sapere”, Enrico Bellone ordinario di Storia della Scienza, Edoardo Boncinelli professore di Biologia e Genetica, Gilberto Corbellini docente di Storia della medicina - Università di Roma, ecc., ecc., ecc.

PERCHE' NO AL NUCLEARE

Dopo aver letto la lettera rivolta a Bersani da esponenti della società civile , una persona anche di buon livello culturale , che avesse qualche velleità antinuclearista o qualche dubbio sulla validità della scelta nucleare penso che appoggerebbe incondizionatamente questa scelta e penserebbe che siamo stati veramente sciocchi e forse folli a indire un referendum che ha portato alla dismissione delle centrali in uso ( in realtà l’unica centrale dismessa nel 1987 è quella di Caorso perché le altre era obsolete e soggette a dismissione naturale).
Il nucleare viene presentato come il giardino dell’Eden: riduce i costi dell’energia elettrica; non produce CO2; lascia gli ambienti incontaminati , andate pure in Francia vicino ai Castelli della Loira o in Svizzera per verificare; è sicuro che più non si può; pone solo qualche piccolo problemino di scorie che in modo o nell’altro si può risolvere; non ci sono inoltre incertezze nell’approvvigionamento di combustibile.

Tra l’altro la lettera sottolinea che bisogna aprire la porta al nucleare e non cedere alla tentazione di un approccio demagogico e antiscientifico al problema energetico. Sembra che chi non appoggia il nucleare non abbia competenze scientifiche, sia un idealista , faccia demagogia e non è intenzionato a risolvere i problemi energetici.
Se poi in calce alla lettera si leggono i nomi che la sottoscrivono, personalità del mondo scientifico e politico di tutto rispetto, la conclusione è inevitabile: abbiamo perso troppo tempo, appoggiamo incondizionatamente il nucleare e anzi impegniamoci a convincere la gente perché si costruiscano le centrali il più presto possibile.

La lettera è faziosa e non contiene alcun dato scientifico serio su cui ragionare. In realtà il problema energetico è complesso e le scelte che ad esso attengono non andrebbero fatte da un singolo governo ma andrebbero ampiamente discusse in parlamento per giungere poi a delle conclusioni seriamente motivate sul piano scientifico e nell’interesse della gente e non di gruppi economici interessati a quelle scelte. Viceversa abbiamo assistito ad una scelta rapida, efficientista ed indolore di questo governo che ha stipulato sottobanco accordi con il governo Francese ed ha sbandierato ai quattro venti che la costruzione delle centrali è l’unica soluzione per risolvere il problema dell’energia rispettando il protocollo di Kyoto.


Detto ciò posso provare a discutere un po’ di nucleare, senza la pretesa di esaurire l’argomento in un articolo ma con l’intento di fare un po’ di informazione.


Il costo dell’energia nucleare per KWh è superiore a quello di qualunque altra fonte energetica. Si stima ad esempio che per ogni euro investito si produce il doppio di KWh con l’eolico rispetto al nucleare. La ragione dei costi elevati è legata a molti fattori, tra cui quelli di costruzione delle centrali, i costi del combustibile e i costi della dismissione delle centrali stesse quando giungono alla fine del proprio ciclo. Questi ultimi non sono addirittura stimabili. Pensate che ancora oggi circa il 10% del costo della bolletta Enel (vedi componente A2 della tariffa elettrica; non visibile sulla bolletta ma rilevabile dal sito dell’Enel) è utilizzato per coprire i costi di dismissione delle vecchie centrali, parliamo di 23 anni fa. Il costo della bolletta elettrica in Italia è circa il 30% in più degli altri paesi europei non perché non abbiamo le centrali nucleari ma a causa di alcuni meccanismi perversi che si hanno nella vendita dell’energia (la borsa elettrica non è una vera e propria borsa) e di costi aggiuntivi che potrebbero essere eliminati.
Il margine di guadagno dei produttori di energia elettrica in Italia è di circa 18 €/MWh a fronte di 10 €/MWh negli altri paesi.

E’ vero che in esercizio una centrale nucleare non genera emissioni di CO2, tuttavia la fase di produzione dell’uranio ha un impatto ambientale molto pesante. La produzione dell’uranio richiede trattamenti lunghi e laboriosi e una notevole quantità di acido solforico, ammoniaca, acido nitrico, cloruro di bario, oltre ad ingenti quantità di acqua. La miniera Olimpic Dam, situata nel sud dell’Australia, per produrre 4000 tonnellate di uranio all’anno consuma 30 milioni di litri di acqua al giorno. A questo si aggiunge che il processo di arricchimento dell’uranio comporta l’impiego di ingenti quantità di fluoro i cui composti hanno un potenziale effetto serra migliaia di volte più potente della CO2. Per riassumere si stima che per ogni KWh prodotto da una centrale nucleare, che utilizza uranio con un buon grado di purezza, vengono emessi circa 96-134 g di CO2. Per confronto una centrale termoelettrica a ciclo combinato a gas emette 350 g di CO2 per ogni KWh. Man mano però che la purezza dell’uranio diminuisce aumenta la quantità di CO2 emessa fino ad arrivare al pari di quella di una centrale termoelettrica a ciclo combinato a gas.


Purtroppo la radioattività non è visibile come il fumo e il fuoco e non produce danni apparenti se non ci investe in quantità significative come nel caso del disastro di Chernobyl. Tuttavia le piccoli dosi che si assumono nel corso del tempo possono produrre seri danni, manifestandosi con varie forme tumorali o con altri effetti non noti. Vi siete chiesti perché non potete fare tante radiografie nel corso di un breve periodo di tempo? Provate a parlarne ad un radiologo. Anche nel caso di una radiografia abbiamo a che far con effetti radioattivi ed in particolare i raggi emessi dalle macchine generatrici di radioattività vengono chiamati raggi X.


A proposito di verdi valli francesi e svizzere, cito tra i tanti esempi la località di Gueugnon. Qui laboratori indipendenti hanno rilevato livelli di radioattività 60 volte superiori al valore naturale e nella stessa località il parcheggio dello stadio di calcio è stato realizzato mischiando al materiale di costruzione circa 30000 tonnellate di scorie radioattive provenienti dalla vicina miniera di uranio. Non toccate però l’argomento del nucleare con le maestranze francesi: è tabù. La democrazia fino ad un certo punto, quando si toccano interessi come questi bisogna imparare a stare zitti e lasciare la democrazia da parte. Non voglio mettermi ad elencare i numerosi incidenti che costantemente accadono nelle centrali nucleari e che passano sotto silenzio. Accenno appena al concetto di rischio accettabile del livello di emissione di radiazione. Tale concetto non indica infatti un rischio zero per la popolazione ma l’accettabilità che un numero definito di persone dovrà morire. Qui stiamo facendo discorsi scientifici e non demagogia.


Sui livelli di sicurezza concordo con l’autore dell’articolo. Le centrali sono dotate di sistemi di sicurezza di elevatissima qualità; ma a quale prezzo? Costi sempre più alti e una forte tendenza alla militarizzazione di questi sistemi. In ogni caso sarebbe bene ricordare quanto si affermava sulla centrale di Chernobyl prima del disastro: “Un incidente al sistema di raffreddamento, in questo tipo di reattori è praticamente impossibile; le possibilità di una fusione del nocciolo sono irrilevanti, una ogni diecimila anni; anche se l’incredibile dovesse accadere i controlli automatici e i sistemi di sicurezza spegnerebbero il reattore in pochi secondi; lavorare qui è più sicuro che guidare un’auto”. Purtroppo l’impossibile è accaduto.


Finché non entreranno in funzione le centrali di quarta generazione, per ora sono ancora in fase di studio, le quali prevedono un riuso ottimale delle scorie, il problema delle scorie c’è ed è molto serio. Al di là della ricerca, difficile e complessa (si pensi per un attimo a Scansano Ionico), di siti adatti allo stoccaggio delle scorie, il problema morale che ci dovremmo porre riguarda l’eredità che lasciamo alle future generazioni. Qui non parliamo di una o due generazioni ma di moltissime di queste. Cosa succede se aumentiamo a dismisura le scorie? Quali disastri ambientali si possono ipotizzare nel caso di fenomeni naturali come terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, ecc?


L’ultima questione riguarda la dipendenza dal combustibile. Attualmente siamo dipendenti dal petrolio e dal gas, domani lo saremo dall’uranio se si farà la scelta della tecnologia nucleare, almeno per quanto riguarda l’energia elettrica perché per i trasporti la dipendenza resta. L’aggravante è che con le centrali attualmente in uso, 439, si stima che le riserve di uranio basterebbero per circa 35-70 anni, in media 50 anni. Se poi venissero realizzati tutti gli impianti programmati e proposti, circa 350, le riserve si ridurrebbero a circa 25 anni.


In conclusione, considerato che il fabbisogno nazionale lordo di energia elettrica viene coperto per il 72,8% dalle nostre centrali termoelettriche, per il 16,1% da fonti rinnovabili e per la parte rimanente, 11,2% , da energia di fonte nucleare di importazione, il nucleare oggi in Italia è una scelta obbligata?
La risposta data nell’articolo rivolto a Bersani è decisamente affermativa. In realtà ci sono delle serie alternative al nucleare e precisamente i Negawatt (energia non consumata con l’utilizzo di più efficienti tecnologie da parte dei consumatori finali) e la generazione distribuita (la produzione combinata di elettricità e calore , chiamata cogenerazione e le fonti rinnovabili distribuite). Queste alternative sono scientificamente valutabili e meriterebbero una analisi approfondita che esula dagli scopi dell’articolo.
Il problema di fondo comunque è che non possono coesistere le due scelte, facciamo qualche centrale e nel frattempo usiamo un po’ di fonti rinnovabili, un po’ di solare, un po’ di eolico e così via.
O si investe nel rinnovabile, con forte ricadute sulla ricerca, sull’occupazione, sull’economia e con la conseguente produzione di KWh con basse emissioni di CO2 , o si investe nella costruzione di centrali. Si tenga infatti conto che una centrale nucleare di 1600 MW ha un costo di circa 3400 €/KW * 1600000 KW = 5,44 miliardi di euro. Questo naturalmente non esclude la possibilità di investire nel settore della ricerca nucleare.

Come si può constatare il problema energetico è molto complesso e richiede certamente un dibattito ampio che possa portare a ragioni convincenti per le scelte da farsi. Il nucleare non è ne di destra né di sinistra come dice bene l’articolo ma è necessario che una forza politica come il PD si esprima senza tentennamenti e senza demagogia. E’ auspicabile dunque che il PD, ed è questo l’invito che faccio a Bersani, discuta ampiamente del problema, senta diversi pareri scientifici con valutazioni pro e contro, utilizzi gli studi disponibili allo stato attuale, magari organizzi un convegno su questo problema in modo da avere dati su cui ragionare. Poi alla fine faccia la scelta no al nucleare motivandola in tutti i suoi aspetti e sostenga una seria battaglia politica in parlamento e se non dovesse bastare nelle piazze. La base del PD si aspetta questo da Bersani e non l’apertura totale e incondizionata alla scelta nucleare.

Giuseppe Torre