Questa lettera è stata pubblicata dal “Riformista” l’11-05-2010 ed è un esplicito invito a Bersani ad aprire le porte al nucleare. Nell’articolo dal titolo "PERCHE' NO AL NUCLEARE" che compare nel blog successivo, l’autore invita il segretario a valutare seriamente e con forza le soluzioni alternative al nucleare, fornendo indicazioni precise sul perché della scelta: no al nucleare.
Caro Segretario, chi ti scrive segue con attenzione l’esperienza del Partito democratico. Alcuni sono impegnati anche nella vita del Pd. E apprezzano il lavoro che stai facendo per dare al Pd concretezza e radicamento, ponendo al centro della sua iniziativa i temi del lavoro e della insufficiente struttura produttiva italiana. Oltre naturalmente alla questione più generale e importante delle regole della democrazia italiana. Vorremmo dare un contributo serio a questa discussione. Tornando ai fondamentali come si dice e cercando di approfondire le questioni con rigore intellettuale e scientifico. E con spirito concreto. Fra le grandi questioni irrisolte del nostro Paese vi è il problema energetico. I dati ti sono chiari: importiamo più dell’80 per cento dell’energia primaria di cui abbiamo bisogno, principalmente, da Paesi geopoliticamente problematici. Produciamo l’energia elettrica per il 70 per cento con combustibili fossili. Circa il 15 la importiamo dall’estero e prevalentemente di origine nucleare. Se non la importassimo la nostra dipendenza dai combustibili fossili (gas e carbone in primo luogo) salirebbe oltre l’80 per cento. Con le rinnovabili, se escludiamo l’idroelettrico, patrimonio storico del nostro Paese, ma praticamente non aumentabile, produciamo circa il 6 per cento. L’energia solare per la quale sono stati investiti fino a ora circa 4 miliardi, ben ripagati dai generosi incentivi concessi fino a oggi dal sistema elettrico italiano, contribuisce al nostro fabbisogno elettrico per lo 0,2 per cento. Risultato: emissioni di CO2 e di inquinanti atmosferici molto alte, costo delle importazioni molto elevate e continuamente esposto al rischio “prezzo del petrolio”, sicurezza energetica in discussione, come si è visto qualche anno fa con la crisi fra Russia e Ucraina, prezzi dell’energia elettrica mediamente più elevati del 30 per cento rispetto agli altri Paesi, in particolar modo europei. Una situazione che richiederebbe scelte ragionate, risposte strutturali “sostenibili” oltre che efficaci sia in termini di riduzione dello sbilanciamento strategico del mix energetico nazionale, sia in termini di miglioramento del suo impatto ambientale complessivo. Per definire tali scelte a nostro avviso tutte le opzioni dovrebbero essere considerate, nessuna esclusa, inclusa quella nucleare, non come “la” soluzione ma come “parte della” soluzione. L’energia nucleare, quasi ovunque, nel mondo industrializzato è vista come un’insostituibile opportunità che contribuisce alla riduzione del peso delle fonti fossili sulla generazione di energia elettrica, compatibile con un modello di sviluppo eco-sostenibile. Dal punto di vista ambientale non vi è programma internazionale accreditato per la riduzione della CO2 che non preveda anche il ricorso all’energia nucleare e non vi è un solo studio internazionale che affidi alle sole rinnovabili il compito di ridurre il peso dei combustibili fossili. Ed invece tutti gli accenti che sentiamo oggi nel Pd prescindono dall'analisi di questi dati e fatti. Come ha autorevolmente affermato il presidente americano Barack Obama: «Io credo che la creazione di lavori verdi sarà il traino della nostra economia per un lungo periodo. Per questo abbiamo destinato un grande ammontare di denaro per l’energia solare, quella eolica, il biodisel e tutte le altre fonti di energia pulita. Nello stesso tempo, sfortunatamente, per quanto velocemente crescano queste fonti avremo un enorme fabbisogno di energia, che non potrà essere soddisfatto da queste fonti. E la domanda è: “Da dove verrà quest’energia?” L’energia nucleare ha il vantaggio di non emettere gas serra e dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che Paesi come la Francia e il Giappone e altri Paesi sono stati molto più aggressivi nel ricorrere all’energia nucleare e con molto più successo, senza alcun incidente. Siamo consapevoli dei problemi legati al combustibile esausto e alla sicurezza, ma siamo fermamente convinti che questa via sia da percorrere se siamo preoccupati per il cambiamento climatico». Ed è proprio, a nostro parere, dalla cooperazione fra le diverse opzioni, innovazione tecnologica ed efficienza energetica nella produzione e nel consumo, rinnovabili, fossili sempre più puliti e nucleare, che si può individuare la soluzione al duplice problema che abbiamo di fronte: disporre di energia elettrica e ridurre l’impatto ambientale. Senza preclusioni. Siamo l’unico Paese del G8 che non produce energia dal nucleare. L’Europa produce circa il 30 per cento della sua energia elettrica con il nucleare. Nell’Europa dei 27 ben 15 Paesi possiedono impianti nucleari, 12 (Gran Bretagna, Francia, Svezia, Polonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Finlandia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia) hanno annunciato nuovi piani di espansione nucleare. Paesi, un tempo considerati in via di sviluppo, come la Cina, l’India, il Brasile sono fra i primi investitori mondiali in nuovi impianti nucleari. Grandi Paesi produttori di petrolio stanno oggi lanciandosi convintamente nella costruzione di nuove centrali. Sebbene la legge che reintroduce la possibilità di utilizzo del nucleare contenga forzature e punti sbagliati e ci siano limiti nell’azione di governo per la realizzazione dell’annunciato programma nucleare, riteniamo che non sia in alcun modo giustificata l’avversione al reingresso dell’Italia nelle tecnologie nucleari . Gli errori del Governo meritano una puntuale sottolineatura da parte dell’opposizione e le prese di posizione dei gruppi parlamentari del Pd nelle sedi competenti si sono ispirate a una logica di contestazione di merito. È incomprensibile, invece, la sbrigatività e il pressapochismo con cui, spesso, da parte di esponenti del Pd, vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata e con dati di fatto. Abbiamo nel Paese sentito parlare di “masserie fosforescenti” e altre falsità di questo genere, che cozzano contro il buon senso e ogni spirito di razionale e serio approccio al problema. Basterebbe attraversare il confine e visitare centrali nucleari francesi vicine ai castelli della Loira o quelle nelle vallate svizzere per capire l’enormità di tali affermazioni. O ancora per quel che riguarda i costi del programma nucleare: incomprensibile senza una discussione completa su tutti i dati di riferimento (costi di generazione del KWh, costo del combustibile, durata di vita delle centrali eccetera) e senza confronti con i costi delle alternative in caso di rinuncia al programma nucleare. Per non dire del tema della sicurezza che punta a sottacere il track record di sicurezza degli impianti nucleari che non ha paragoni con quello di ogni altra filiera energetica . Le tecnologie nucleari sono, ormai, essenziali e diffuse nel campo sanitario, industriale e della ricerca. Il tema dello smaltimento, del deposito e della sicurezza di tutti i rifiuti nucleari, ad esempio, ci riguarda indipendentemente dalla scelta di costruire nuove centrali. E costituisce un grande tema di ricerca e innovazione tecnologica. Infine. Crediamo che a te non faccia difetto la sensibilità di capire l’importanza per l’industria italiana di partecipare di nuovo a un processo internazionale di sviluppo del nucleare che significherà investimenti significativi in tecnologia, infrastrutture e servizi. E nello sviluppo di occupazione qualificata. Caro Segretario, occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell’innovazione. Ampi settori di intellettualità tecnica e scientifica, che un tempo guardavano al centrosinistra come alla parte più aperta e moderna dell’Italia, non ci capiscono più e guardano altrove. Noi ti chiediamo di prendere atto che il nucleare non è né di sinistra, né di destra e che, anzi, al mondo molti leader di governi di sinistra e progressisti puntano su di esso per sviluppare un sistema economico e modelli di vita e di società eco-compatibili: Brasile con Lula, Usa con Obama, Giappone con Hatoyama, Gran Bretagna con Brown. Noi ti chiediamo di garantire che le sedi nazionali e locali del Pd, gli organi di stampa, le sedi di riflessione esterna consentano un confronto aperto e pragmatico. Riterremmo innaturale e incomprensibile ogni chiusura preventiva su un tema che riguarda scelte strategiche di politica energetica, innovazione tecnologica e sviluppo industriale così critiche e con impatto di così lungo termine per il nostro Paese.
Sen. Umberto Veronesi direttore scientifico Istituto Europeo di Oncologia, Giorgio Salvini presidente onorario Accademia Lincei Margherita Hack astrofisica, Carlo Bernardini professore emerito di Fisica Università di Roma - Direttore di “Sapere”, Enrico Bellone ordinario di Storia della Scienza, Edoardo Boncinelli professore di Biologia e Genetica, Gilberto Corbellini docente di Storia della medicina - Università di Roma, ecc., ecc., ecc.
Caro Segretario, chi ti scrive segue con attenzione l’esperienza del Partito democratico. Alcuni sono impegnati anche nella vita del Pd. E apprezzano il lavoro che stai facendo per dare al Pd concretezza e radicamento, ponendo al centro della sua iniziativa i temi del lavoro e della insufficiente struttura produttiva italiana. Oltre naturalmente alla questione più generale e importante delle regole della democrazia italiana. Vorremmo dare un contributo serio a questa discussione. Tornando ai fondamentali come si dice e cercando di approfondire le questioni con rigore intellettuale e scientifico. E con spirito concreto. Fra le grandi questioni irrisolte del nostro Paese vi è il problema energetico. I dati ti sono chiari: importiamo più dell’80 per cento dell’energia primaria di cui abbiamo bisogno, principalmente, da Paesi geopoliticamente problematici. Produciamo l’energia elettrica per il 70 per cento con combustibili fossili. Circa il 15 la importiamo dall’estero e prevalentemente di origine nucleare. Se non la importassimo la nostra dipendenza dai combustibili fossili (gas e carbone in primo luogo) salirebbe oltre l’80 per cento. Con le rinnovabili, se escludiamo l’idroelettrico, patrimonio storico del nostro Paese, ma praticamente non aumentabile, produciamo circa il 6 per cento. L’energia solare per la quale sono stati investiti fino a ora circa 4 miliardi, ben ripagati dai generosi incentivi concessi fino a oggi dal sistema elettrico italiano, contribuisce al nostro fabbisogno elettrico per lo 0,2 per cento. Risultato: emissioni di CO2 e di inquinanti atmosferici molto alte, costo delle importazioni molto elevate e continuamente esposto al rischio “prezzo del petrolio”, sicurezza energetica in discussione, come si è visto qualche anno fa con la crisi fra Russia e Ucraina, prezzi dell’energia elettrica mediamente più elevati del 30 per cento rispetto agli altri Paesi, in particolar modo europei. Una situazione che richiederebbe scelte ragionate, risposte strutturali “sostenibili” oltre che efficaci sia in termini di riduzione dello sbilanciamento strategico del mix energetico nazionale, sia in termini di miglioramento del suo impatto ambientale complessivo. Per definire tali scelte a nostro avviso tutte le opzioni dovrebbero essere considerate, nessuna esclusa, inclusa quella nucleare, non come “la” soluzione ma come “parte della” soluzione. L’energia nucleare, quasi ovunque, nel mondo industrializzato è vista come un’insostituibile opportunità che contribuisce alla riduzione del peso delle fonti fossili sulla generazione di energia elettrica, compatibile con un modello di sviluppo eco-sostenibile. Dal punto di vista ambientale non vi è programma internazionale accreditato per la riduzione della CO2 che non preveda anche il ricorso all’energia nucleare e non vi è un solo studio internazionale che affidi alle sole rinnovabili il compito di ridurre il peso dei combustibili fossili. Ed invece tutti gli accenti che sentiamo oggi nel Pd prescindono dall'analisi di questi dati e fatti. Come ha autorevolmente affermato il presidente americano Barack Obama: «Io credo che la creazione di lavori verdi sarà il traino della nostra economia per un lungo periodo. Per questo abbiamo destinato un grande ammontare di denaro per l’energia solare, quella eolica, il biodisel e tutte le altre fonti di energia pulita. Nello stesso tempo, sfortunatamente, per quanto velocemente crescano queste fonti avremo un enorme fabbisogno di energia, che non potrà essere soddisfatto da queste fonti. E la domanda è: “Da dove verrà quest’energia?” L’energia nucleare ha il vantaggio di non emettere gas serra e dobbiamo avere il coraggio di riconoscere che Paesi come la Francia e il Giappone e altri Paesi sono stati molto più aggressivi nel ricorrere all’energia nucleare e con molto più successo, senza alcun incidente. Siamo consapevoli dei problemi legati al combustibile esausto e alla sicurezza, ma siamo fermamente convinti che questa via sia da percorrere se siamo preoccupati per il cambiamento climatico». Ed è proprio, a nostro parere, dalla cooperazione fra le diverse opzioni, innovazione tecnologica ed efficienza energetica nella produzione e nel consumo, rinnovabili, fossili sempre più puliti e nucleare, che si può individuare la soluzione al duplice problema che abbiamo di fronte: disporre di energia elettrica e ridurre l’impatto ambientale. Senza preclusioni. Siamo l’unico Paese del G8 che non produce energia dal nucleare. L’Europa produce circa il 30 per cento della sua energia elettrica con il nucleare. Nell’Europa dei 27 ben 15 Paesi possiedono impianti nucleari, 12 (Gran Bretagna, Francia, Svezia, Polonia, Lituania, Romania, Bulgaria, Finlandia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia) hanno annunciato nuovi piani di espansione nucleare. Paesi, un tempo considerati in via di sviluppo, come la Cina, l’India, il Brasile sono fra i primi investitori mondiali in nuovi impianti nucleari. Grandi Paesi produttori di petrolio stanno oggi lanciandosi convintamente nella costruzione di nuove centrali. Sebbene la legge che reintroduce la possibilità di utilizzo del nucleare contenga forzature e punti sbagliati e ci siano limiti nell’azione di governo per la realizzazione dell’annunciato programma nucleare, riteniamo che non sia in alcun modo giustificata l’avversione al reingresso dell’Italia nelle tecnologie nucleari . Gli errori del Governo meritano una puntuale sottolineatura da parte dell’opposizione e le prese di posizione dei gruppi parlamentari del Pd nelle sedi competenti si sono ispirate a una logica di contestazione di merito. È incomprensibile, invece, la sbrigatività e il pressapochismo con cui, spesso, da parte di esponenti del Pd, vengono affrontati temi che meriterebbero una discussione informata e con dati di fatto. Abbiamo nel Paese sentito parlare di “masserie fosforescenti” e altre falsità di questo genere, che cozzano contro il buon senso e ogni spirito di razionale e serio approccio al problema. Basterebbe attraversare il confine e visitare centrali nucleari francesi vicine ai castelli della Loira o quelle nelle vallate svizzere per capire l’enormità di tali affermazioni. O ancora per quel che riguarda i costi del programma nucleare: incomprensibile senza una discussione completa su tutti i dati di riferimento (costi di generazione del KWh, costo del combustibile, durata di vita delle centrali eccetera) e senza confronti con i costi delle alternative in caso di rinuncia al programma nucleare. Per non dire del tema della sicurezza che punta a sottacere il track record di sicurezza degli impianti nucleari che non ha paragoni con quello di ogni altra filiera energetica . Le tecnologie nucleari sono, ormai, essenziali e diffuse nel campo sanitario, industriale e della ricerca. Il tema dello smaltimento, del deposito e della sicurezza di tutti i rifiuti nucleari, ad esempio, ci riguarda indipendentemente dalla scelta di costruire nuove centrali. E costituisce un grande tema di ricerca e innovazione tecnologica. Infine. Crediamo che a te non faccia difetto la sensibilità di capire l’importanza per l’industria italiana di partecipare di nuovo a un processo internazionale di sviluppo del nucleare che significherà investimenti significativi in tecnologia, infrastrutture e servizi. E nello sviluppo di occupazione qualificata. Caro Segretario, occorre evitare il rischio che nel Pd prenda piede uno spirito antiscientifico, un atteggiamento elitario e snobistico che isolerebbe l’Italia, non solo in questo campo, dalle frontiere dell’innovazione. Ampi settori di intellettualità tecnica e scientifica, che un tempo guardavano al centrosinistra come alla parte più aperta e moderna dell’Italia, non ci capiscono più e guardano altrove. Noi ti chiediamo di prendere atto che il nucleare non è né di sinistra, né di destra e che, anzi, al mondo molti leader di governi di sinistra e progressisti puntano su di esso per sviluppare un sistema economico e modelli di vita e di società eco-compatibili: Brasile con Lula, Usa con Obama, Giappone con Hatoyama, Gran Bretagna con Brown. Noi ti chiediamo di garantire che le sedi nazionali e locali del Pd, gli organi di stampa, le sedi di riflessione esterna consentano un confronto aperto e pragmatico. Riterremmo innaturale e incomprensibile ogni chiusura preventiva su un tema che riguarda scelte strategiche di politica energetica, innovazione tecnologica e sviluppo industriale così critiche e con impatto di così lungo termine per il nostro Paese.
Sen. Umberto Veronesi direttore scientifico Istituto Europeo di Oncologia, Giorgio Salvini presidente onorario Accademia Lincei Margherita Hack astrofisica, Carlo Bernardini professore emerito di Fisica Università di Roma - Direttore di “Sapere”, Enrico Bellone ordinario di Storia della Scienza, Edoardo Boncinelli professore di Biologia e Genetica, Gilberto Corbellini docente di Storia della medicina - Università di Roma, ecc., ecc., ecc.
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