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martedì 26 gennaio 2010

GIORNO DELLA MEMORIA PER LE VITTIME DELLA SHOA - 27 GENNAIO 2010



In occasione della "Giornata della Memoria" la Lista Civica "Insieme per Gerenzano" e il Circolo PD di Gerenzano vi invitano alla proiezione del film
"Jona che visse nella balena"
Vi aspettiamo presso l' Auditorium "Verdi" di Gerenzano mercoledì 27 gennaio alle ore 21:00.

Il film "Jona che visse nella balena" di Roberto Faenza è tratto dal libro autobiografico "Anni d'infanzia" scritto dall'ebreo olandese Jona Obersky deportato all'età di quattro anni nel lager di Bergen Belsen, nella baracca accanto a quella di Anna Frank. IpG ed il PD con la proiezione di questo film vogliono rendere omaggio a tutti i bambini e le bambine vittime della Shoa. Lo scrittore Primo Levi definì nel libro "La Tregua" i bambini di Auschwitz "uccelli di passo" perché la loro permanenza nel campo durava solo il brevissimo tempo necessario per condurli dai treni alle camere a gas. La loro infanzia fu spezzata da una violenza bestiale e insensata. Pochi di loro sopravvissero ai campi. La maggior parte è "passata per il camino" e le loro ceneri si sono sparse nel vento. Ma la loro memoria deve restare viva perché l'orrore non si ripeta mai più.
Con questa serata vorremmo anche darvi uno spunto per ulteriori riflessioni, perché ogni giorno dell'anno diventi un "giorno della memoria".


Un invito alla lettura
- Primo Levi - "Se questo è un uomo" - Einaudi;
- Primo Levi - "La Tregua" - Einaudi;
- Anne Frank - "Diario" - Einaudi;
- Jona Obersky - "Anni d'infazia. Un bambino nei lager" - La Giuntina;
- Daniel J. Goldhagen - "I volenterosi carnefici di Hitler" - Mondadori;
- Hannah Arentd - "La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme" - Feltrinelli;
- Norbert Frei - "Lo stato nazista" - Laterza.

Un invito alla visione
- "Schindler's List - la lista di Schindler" - Regia di Steven Spielberg con Liam Neeson e Ben Kingsley;
- "Kapò" - Regia di Gillo Pontecorvo con Susan Strasberg e Laurent Terzieff;
- "Il bambino con il pigiama a righe" - Regia di Mark Herman con Jack Scanlon, Amber Beattie;
- "Train de vie. Un treno per vivere" - Regia di Radu Mihaileanu con Lionel Abelaski e Agathe De La Fontaine;
- "L'oro di Roma"- Regia di Carlo Lizzani con Anna Maria Ferrero e Jean Sorel;
- "Il pianista" - Regia di Roman Polanski con Adrien Brody ed Emilia Fox



SE QUESTO E' UN UOMO

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per un pezzo di pane
Che muore per un si o per un no.

Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.

Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi".

giovedì 14 gennaio 2010

L'OSSESSIONE DEL DIALETTO

Da molte settimane televisioni e giornali ci informano giornalmente sulle proposte leghiste di introdurre i dialetti nelle scuole e di obbligare i professori a sostenere un improbabile esame di dialetto per poter insegnare.
Questa del dialetto, per la Lega Nord, è una vera ossessione alla quale anche i leghisti gerenzanesi non si sottraggono. Si veda l’articolo “Valorizziamo le nostre tradizioni” pubblicato dall’assessore alla cultura Elena Galbiati nell’ultimo numero di Filodiretto (foglio di propaganda leghista pagato dai contribuenti e spacciato per giornalino comunale, sul quale le opposizioni non hanno diritto di parola).
L’assessore esordisce affermando di volerci intrattenere su un argomento che ai gerenzanesi sarebbe “assai caro” e cioè “la salvaguardia delle tradizioni locali e del nostro dialetto”. Sarebbe interessante sapere in base a quali informazioni l’assessore ritiene che la difesa del dialetto sia una priorità per i cittadini gerenzanesi. Lei non si degna di dare spiegazioni. Da parte nostra riteniamo che i gerenzanesi abbiano problemi più seri, cui la Lega è assolutamente incapace di dare risposte.
Secondo Galbiati “in un’epoca come la nostra di cambiamenti sociali sempre più veloci, di globalizzazione e di multietnicità” sarebbe “fondamentale valorizzare la nostra genuinità culturale, le nostre tradizioni e il nostro dialetto […] perché rappresentano la più vera ed autentica testimonianza del nostro passato, ma anche le solide basi sulle quali le nuove generazioni costruiranno il loro futuro”. A noi sembra, invece, che proprio la globalizzazione imponga a chi ha responsabilità pubbliche di impegnarsi per garantire alle nuove generazioni la possibilità di essere cittadini del mondo, cosa abbastanza difficile attraverso il dialetto ma sicuramente facilitata dalla conoscenza dell’inglese. A questo proposito ricordiamo che tutti gli studi internazionali mostrano come i giovani italiani siano agli ultimi posti in Europa per conoscenza dell’inglese e pensiamo che anche i comuni dovrebbero fare la loro parte per colmare questo divario.
Quando, poi, andiamo a vedere in cosa, concretamente, si esplicherebbe la volontà dell’amministrazione leghista di preservare dialetti e tradizioni scopriamo che il tutto si riduce all’apposizione di inutili targhe in cotto davanti ai portoni delle corti di Gerenzano, con i nomi in dialetto dei cortili. Peccato che quei cortili non abbiano conservato quasi nulla di storico ma siano ormai solo vecchie case rimaneggiate, anche di recente, senza il rispetto di alcun criterio di conservazione. E su questo l’attuale giunta ha enormi responsabilità, visto che ha sempre favorito la costruzione di nuovi palazzoni (come gli ecomostri di via Stazione) invece di investire seriamente sul recupero del centro storico. Salvo poi lamentarsi che il centro sia diventato una casbah popolata solo da immigrati.
Concludiamo con una proposta. Invece di gettare denari in difesa di non meglio precisate tradizioni gerenzanesi (l’oca a Natale?) o per pagare compagnie teatrali dialettali di modesto valore artistico, il Comune potrebbe più utilmente utilizzarli per creare delle borse di studio per studenti gerenzanesi meritevoli ma privi di mezzi, in modo che possano trascorrere una vacanza-studio in Inghilterra per migliorare il proprio inglese. Questo significherebbe fare, davvero, cultura a Gerenzano. Aprire i nostri giovani al mondo e non rinchiudersi in un recinto di grettezze e paure, illudendosi di difendersi dal mondo che cambia usando come scudo una targa in cotto.

CROCIFISSO EUROPEO

A proposito dell’esposizione del Crocifisso nelle aule e negli uffici pubblici in Italia, ho letto la sentenza della Corte europea, una lettura che consiglio a tutti, e proprio sulla base dei contenuti di questa sentenza mi vengono spontanee due riflessioni :
Certamente i cristiani, e anche moltissimi non credenti, vedono nel Crocifisso un simbolo di Amore, Fratellanza, Pace e quant’altro, e tutti vorremmo che fosse così; ma non si può nascondere che questa rappresentazione rimane parziale se nasconde il fatto che per moltissimi, ma non è certo il numero che conta in questi casi, il Crocifisso rappresenta esattamente il contrario. Senza scomodare tutte le vittime che in nome del Crocifisso ci sono state nella Storia penso per es. a quei minori che hanno subito abusi sessuali ad opera della gerarchia ecclesiastica ( 2500 in Irlanda, altre migliaia in America e quanti anche in Italia!) o ai tantissimi giovani che abbandonano il Crocifisso perché vi vedono il simbolo di un’educazione repressiva e mortificatrice, basata sui sensi di colpa o sull’imposizione di doveri formali fino all’ipocrisia e al perbenismo più conformista. Forse tutti i simboli religiosi, anche delle religioni più antiche, assumono inevitabilmente una duplice valenza, una faccia positiva e pubblica accanto ad un’altra negativa, ma privata; sembra però che nel coro di voci che si sono alzate in questa circostanza a spiegare i molteplici significati del simbolo religioso sia mancato il riconoscimento del ‘negativo’ che spesso l’accompagna, nella Storia e nell’oggi, e ciò non a detrimento del Simbolo, ma per onestà verso il Crocifisso stesso.
Dalla lettura della sentenza si evince che l’obbligo di esposizione del Crocifisso è un retaggio del Fascismo e della monarchia savoiarda, perché deriva da due decreti regi del 1924 e del 1928, giustificati allora dall’essere l’Italia uno Stato Confessionale, avente come religione di Stato la religione cattolica; una giustificazione che oggi non ha più nessun valore, dopo la revisione del Concordato nel 1984, che definisce lo Stato italiano come Stato Laico, analogamente agli altri Stati europei, neutrale rispetto alle varie religioni praticate dai suoi cittadini, in quanto non più confessionale. E’ evidente quindi che l’attuale obbligo di esposizione è un privilegio riservato alla Chiesa cattolica che non ha più giustificazione legale, ma si giustifica semplicemente sulla base di una tradizione. Vogliamo conservare questa tradizione ? Facciamolo pure, Leggi europee permettendo, se questo ci mette la coscienza a posto, ma senza scomodare le grandi parolone dei Valori e della Storia, e chiamiamo semplicemente e onestamente “ privilegio della Chiesa cattolica” l’obbligo di esposizione del Crocifisso, ormai del tutto anacronistico.
Del tutto fuori luogo è dunque parlare di una ‘crociata laicista contro il Crocifisso’; lasciamo alla LEGA questa demagogia populista che va in piazza a chiedere le firme per mantenere in vita un Decreto del Re d’Italia Vittorio Emanuele III, emanato sotto la dittatura Fascista ( sarebbe questo il rinnovamento che vuol portare la LEGA ?) e cerchiamo invece di fare un passo avanti in questa vicenda. Forse c’è bisogno che lo STATO capisca che, per essere uno STATO laico, come c’è scritto nella Costituzione, non ha bisogno di concedere privilegi ad una particolare Religione oltre a quelli riconosciuti anche alle altre Religioni, come accadeva nello Stato Confessionale Fascista, utilizzando magari tali privilegi come strumenti per ottenere consenso politico ; e che la Chiesa capisca che per diffondere e difendere il Crocifisso non c’è bisogno di mantenere l’obbligo della esposizione nelle aule, dove ovviamente giace nella più totale indifferenza; la Chiesa gode già, infatti, di tutte le libertà di diffondere e difendere il Crocifisso anche senza la sua esibizione ed esposizione obbligatoria negli uffici pubblici e nelle scuole, dove rischia di sembrare una pura e semplice manifestazione del potere di una religione, difficile da giustificare in una società già multietnica e indirizzata a diventarlo sempre di più. PA Pedersini