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giovedì 14 gennaio 2010

CROCIFISSO EUROPEO

A proposito dell’esposizione del Crocifisso nelle aule e negli uffici pubblici in Italia, ho letto la sentenza della Corte europea, una lettura che consiglio a tutti, e proprio sulla base dei contenuti di questa sentenza mi vengono spontanee due riflessioni :
Certamente i cristiani, e anche moltissimi non credenti, vedono nel Crocifisso un simbolo di Amore, Fratellanza, Pace e quant’altro, e tutti vorremmo che fosse così; ma non si può nascondere che questa rappresentazione rimane parziale se nasconde il fatto che per moltissimi, ma non è certo il numero che conta in questi casi, il Crocifisso rappresenta esattamente il contrario. Senza scomodare tutte le vittime che in nome del Crocifisso ci sono state nella Storia penso per es. a quei minori che hanno subito abusi sessuali ad opera della gerarchia ecclesiastica ( 2500 in Irlanda, altre migliaia in America e quanti anche in Italia!) o ai tantissimi giovani che abbandonano il Crocifisso perché vi vedono il simbolo di un’educazione repressiva e mortificatrice, basata sui sensi di colpa o sull’imposizione di doveri formali fino all’ipocrisia e al perbenismo più conformista. Forse tutti i simboli religiosi, anche delle religioni più antiche, assumono inevitabilmente una duplice valenza, una faccia positiva e pubblica accanto ad un’altra negativa, ma privata; sembra però che nel coro di voci che si sono alzate in questa circostanza a spiegare i molteplici significati del simbolo religioso sia mancato il riconoscimento del ‘negativo’ che spesso l’accompagna, nella Storia e nell’oggi, e ciò non a detrimento del Simbolo, ma per onestà verso il Crocifisso stesso.
Dalla lettura della sentenza si evince che l’obbligo di esposizione del Crocifisso è un retaggio del Fascismo e della monarchia savoiarda, perché deriva da due decreti regi del 1924 e del 1928, giustificati allora dall’essere l’Italia uno Stato Confessionale, avente come religione di Stato la religione cattolica; una giustificazione che oggi non ha più nessun valore, dopo la revisione del Concordato nel 1984, che definisce lo Stato italiano come Stato Laico, analogamente agli altri Stati europei, neutrale rispetto alle varie religioni praticate dai suoi cittadini, in quanto non più confessionale. E’ evidente quindi che l’attuale obbligo di esposizione è un privilegio riservato alla Chiesa cattolica che non ha più giustificazione legale, ma si giustifica semplicemente sulla base di una tradizione. Vogliamo conservare questa tradizione ? Facciamolo pure, Leggi europee permettendo, se questo ci mette la coscienza a posto, ma senza scomodare le grandi parolone dei Valori e della Storia, e chiamiamo semplicemente e onestamente “ privilegio della Chiesa cattolica” l’obbligo di esposizione del Crocifisso, ormai del tutto anacronistico.
Del tutto fuori luogo è dunque parlare di una ‘crociata laicista contro il Crocifisso’; lasciamo alla LEGA questa demagogia populista che va in piazza a chiedere le firme per mantenere in vita un Decreto del Re d’Italia Vittorio Emanuele III, emanato sotto la dittatura Fascista ( sarebbe questo il rinnovamento che vuol portare la LEGA ?) e cerchiamo invece di fare un passo avanti in questa vicenda. Forse c’è bisogno che lo STATO capisca che, per essere uno STATO laico, come c’è scritto nella Costituzione, non ha bisogno di concedere privilegi ad una particolare Religione oltre a quelli riconosciuti anche alle altre Religioni, come accadeva nello Stato Confessionale Fascista, utilizzando magari tali privilegi come strumenti per ottenere consenso politico ; e che la Chiesa capisca che per diffondere e difendere il Crocifisso non c’è bisogno di mantenere l’obbligo della esposizione nelle aule, dove ovviamente giace nella più totale indifferenza; la Chiesa gode già, infatti, di tutte le libertà di diffondere e difendere il Crocifisso anche senza la sua esibizione ed esposizione obbligatoria negli uffici pubblici e nelle scuole, dove rischia di sembrare una pura e semplice manifestazione del potere di una religione, difficile da giustificare in una società già multietnica e indirizzata a diventarlo sempre di più. PA Pedersini

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