Dopo aver letto la lettera rivolta a Bersani da esponenti della società civile , una persona anche di buon livello culturale , che avesse qualche velleità antinuclearista o qualche dubbio sulla validità della scelta nucleare penso che appoggerebbe incondizionatamente questa scelta e penserebbe che siamo stati veramente sciocchi e forse folli a indire un referendum che ha portato alla dismissione delle centrali in uso ( in realtà l’unica centrale dismessa nel 1987 è quella di Caorso perché le altre era obsolete e soggette a dismissione naturale).
Il nucleare viene presentato come il giardino dell’Eden: riduce i costi dell’energia elettrica; non produce CO2; lascia gli ambienti incontaminati , andate pure in Francia vicino ai Castelli della Loira o in Svizzera per verificare; è sicuro che più non si può; pone solo qualche piccolo problemino di scorie che in modo o nell’altro si può risolvere; non ci sono inoltre incertezze nell’approvvigionamento di combustibile.
Tra l’altro la lettera sottolinea che bisogna aprire la porta al nucleare e non cedere alla tentazione di un approccio demagogico e antiscientifico al problema energetico. Sembra che chi non appoggia il nucleare non abbia competenze scientifiche, sia un idealista , faccia demagogia e non è intenzionato a risolvere i problemi energetici.
Se poi in calce alla lettera si leggono i nomi che la sottoscrivono, personalità del mondo scientifico e politico di tutto rispetto, la conclusione è inevitabile: abbiamo perso troppo tempo, appoggiamo incondizionatamente il nucleare e anzi impegniamoci a convincere la gente perché si costruiscano le centrali il più presto possibile.
La lettera è faziosa e non contiene alcun dato scientifico serio su cui ragionare. In realtà il problema energetico è complesso e le scelte che ad esso attengono non andrebbero fatte da un singolo governo ma andrebbero ampiamente discusse in parlamento per giungere poi a delle conclusioni seriamente motivate sul piano scientifico e nell’interesse della gente e non di gruppi economici interessati a quelle scelte. Viceversa abbiamo assistito ad una scelta rapida, efficientista ed indolore di questo governo che ha stipulato sottobanco accordi con il governo Francese ed ha sbandierato ai quattro venti che la costruzione delle centrali è l’unica soluzione per risolvere il problema dell’energia rispettando il protocollo di Kyoto.
Detto ciò posso provare a discutere un po’ di nucleare, senza la pretesa di esaurire l’argomento in un articolo ma con l’intento di fare un po’ di informazione.
Il costo dell’energia nucleare per KWh è superiore a quello di qualunque altra fonte energetica. Si stima ad esempio che per ogni euro investito si produce il doppio di KWh con l’eolico rispetto al nucleare. La ragione dei costi elevati è legata a molti fattori, tra cui quelli di costruzione delle centrali, i costi del combustibile e i costi della dismissione delle centrali stesse quando giungono alla fine del proprio ciclo. Questi ultimi non sono addirittura stimabili. Pensate che ancora oggi circa il 10% del costo della bolletta Enel (vedi componente A2 della tariffa elettrica; non visibile sulla bolletta ma rilevabile dal sito dell’Enel) è utilizzato per coprire i costi di dismissione delle vecchie centrali, parliamo di 23 anni fa. Il costo della bolletta elettrica in Italia è circa il 30% in più degli altri paesi europei non perché non abbiamo le centrali nucleari ma a causa di alcuni meccanismi perversi che si hanno nella vendita dell’energia (la borsa elettrica non è una vera e propria borsa) e di costi aggiuntivi che potrebbero essere eliminati. Il margine di guadagno dei produttori di energia elettrica in Italia è di circa 18 €/MWh a fronte di 10 €/MWh negli altri paesi.
E’ vero che in esercizio una centrale nucleare non genera emissioni di CO2, tuttavia la fase di produzione dell’uranio ha un impatto ambientale molto pesante. La produzione dell’uranio richiede trattamenti lunghi e laboriosi e una notevole quantità di acido solforico, ammoniaca, acido nitrico, cloruro di bario, oltre ad ingenti quantità di acqua. La miniera Olimpic Dam, situata nel sud dell’Australia, per produrre 4000 tonnellate di uranio all’anno consuma 30 milioni di litri di acqua al giorno. A questo si aggiunge che il processo di arricchimento dell’uranio comporta l’impiego di ingenti quantità di fluoro i cui composti hanno un potenziale effetto serra migliaia di volte più potente della CO2. Per riassumere si stima che per ogni KWh prodotto da una centrale nucleare, che utilizza uranio con un buon grado di purezza, vengono emessi circa 96-134 g di CO2. Per confronto una centrale termoelettrica a ciclo combinato a gas emette 350 g di CO2 per ogni KWh. Man mano però che la purezza dell’uranio diminuisce aumenta la quantità di CO2 emessa fino ad arrivare al pari di quella di una centrale termoelettrica a ciclo combinato a gas.
Purtroppo la radioattività non è visibile come il fumo e il fuoco e non produce danni apparenti se non ci investe in quantità significative come nel caso del disastro di Chernobyl. Tuttavia le piccoli dosi che si assumono nel corso del tempo possono produrre seri danni, manifestandosi con varie forme tumorali o con altri effetti non noti. Vi siete chiesti perché non potete fare tante radiografie nel corso di un breve periodo di tempo? Provate a parlarne ad un radiologo. Anche nel caso di una radiografia abbiamo a che far con effetti radioattivi ed in particolare i raggi emessi dalle macchine generatrici di radioattività vengono chiamati raggi X.
A proposito di verdi valli francesi e svizzere, cito tra i tanti esempi la località di Gueugnon. Qui laboratori indipendenti hanno rilevato livelli di radioattività 60 volte superiori al valore naturale e nella stessa località il parcheggio dello stadio di calcio è stato realizzato mischiando al materiale di costruzione circa 30000 tonnellate di scorie radioattive provenienti dalla vicina miniera di uranio. Non toccate però l’argomento del nucleare con le maestranze francesi: è tabù. La democrazia fino ad un certo punto, quando si toccano interessi come questi bisogna imparare a stare zitti e lasciare la democrazia da parte. Non voglio mettermi ad elencare i numerosi incidenti che costantemente accadono nelle centrali nucleari e che passano sotto silenzio. Accenno appena al concetto di rischio accettabile del livello di emissione di radiazione. Tale concetto non indica infatti un rischio zero per la popolazione ma l’accettabilità che un numero definito di persone dovrà morire. Qui stiamo facendo discorsi scientifici e non demagogia.
Sui livelli di sicurezza concordo con l’autore dell’articolo. Le centrali sono dotate di sistemi di sicurezza di elevatissima qualità; ma a quale prezzo? Costi sempre più alti e una forte tendenza alla militarizzazione di questi sistemi. In ogni caso sarebbe bene ricordare quanto si affermava sulla centrale di Chernobyl prima del disastro: “Un incidente al sistema di raffreddamento, in questo tipo di reattori è praticamente impossibile; le possibilità di una fusione del nocciolo sono irrilevanti, una ogni diecimila anni; anche se l’incredibile dovesse accadere i controlli automatici e i sistemi di sicurezza spegnerebbero il reattore in pochi secondi; lavorare qui è più sicuro che guidare un’auto”. Purtroppo l’impossibile è accaduto.
Finché non entreranno in funzione le centrali di quarta generazione, per ora sono ancora in fase di studio, le quali prevedono un riuso ottimale delle scorie, il problema delle scorie c’è ed è molto serio. Al di là della ricerca, difficile e complessa (si pensi per un attimo a Scansano Ionico), di siti adatti allo stoccaggio delle scorie, il problema morale che ci dovremmo porre riguarda l’eredità che lasciamo alle future generazioni. Qui non parliamo di una o due generazioni ma di moltissime di queste. Cosa succede se aumentiamo a dismisura le scorie? Quali disastri ambientali si possono ipotizzare nel caso di fenomeni naturali come terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, ecc?
L’ultima questione riguarda la dipendenza dal combustibile. Attualmente siamo dipendenti dal petrolio e dal gas, domani lo saremo dall’uranio se si farà la scelta della tecnologia nucleare, almeno per quanto riguarda l’energia elettrica perché per i trasporti la dipendenza resta. L’aggravante è che con le centrali attualmente in uso, 439, si stima che le riserve di uranio basterebbero per circa 35-70 anni, in media 50 anni. Se poi venissero realizzati tutti gli impianti programmati e proposti, circa 350, le riserve si ridurrebbero a circa 25 anni.
In conclusione, considerato che il fabbisogno nazionale lordo di energia elettrica viene coperto per il 72,8% dalle nostre centrali termoelettriche, per il 16,1% da fonti rinnovabili e per la parte rimanente, 11,2% , da energia di fonte nucleare di importazione, il nucleare oggi in Italia è una scelta obbligata?
La risposta data nell’articolo rivolto a Bersani è decisamente affermativa. In realtà ci sono delle serie alternative al nucleare e precisamente i Negawatt (energia non consumata con l’utilizzo di più efficienti tecnologie da parte dei consumatori finali) e la generazione distribuita (la produzione combinata di elettricità e calore , chiamata cogenerazione e le fonti rinnovabili distribuite). Queste alternative sono scientificamente valutabili e meriterebbero una analisi approfondita che esula dagli scopi dell’articolo.
Il problema di fondo comunque è che non possono coesistere le due scelte, facciamo qualche centrale e nel frattempo usiamo un po’ di fonti rinnovabili, un po’ di solare, un po’ di eolico e così via. O si investe nel rinnovabile, con forte ricadute sulla ricerca, sull’occupazione, sull’economia e con la conseguente produzione di KWh con basse emissioni di CO2 , o si investe nella costruzione di centrali. Si tenga infatti conto che una centrale nucleare di 1600 MW ha un costo di circa 3400 €/KW * 1600000 KW = 5,44 miliardi di euro. Questo naturalmente non esclude la possibilità di investire nel settore della ricerca nucleare.
Come si può constatare il problema energetico è molto complesso e richiede certamente un dibattito ampio che possa portare a ragioni convincenti per le scelte da farsi. Il nucleare non è ne di destra né di sinistra come dice bene l’articolo ma è necessario che una forza politica come il PD si esprima senza tentennamenti e senza demagogia. E’ auspicabile dunque che il PD, ed è questo l’invito che faccio a Bersani, discuta ampiamente del problema, senta diversi pareri scientifici con valutazioni pro e contro, utilizzi gli studi disponibili allo stato attuale, magari organizzi un convegno su questo problema in modo da avere dati su cui ragionare. Poi alla fine faccia la scelta no al nucleare motivandola in tutti i suoi aspetti e sostenga una seria battaglia politica in parlamento e se non dovesse bastare nelle piazze. La base del PD si aspetta questo da Bersani e non l’apertura totale e incondizionata alla scelta nucleare.
Giuseppe Torre
Il nucleare viene presentato come il giardino dell’Eden: riduce i costi dell’energia elettrica; non produce CO2; lascia gli ambienti incontaminati , andate pure in Francia vicino ai Castelli della Loira o in Svizzera per verificare; è sicuro che più non si può; pone solo qualche piccolo problemino di scorie che in modo o nell’altro si può risolvere; non ci sono inoltre incertezze nell’approvvigionamento di combustibile.
Tra l’altro la lettera sottolinea che bisogna aprire la porta al nucleare e non cedere alla tentazione di un approccio demagogico e antiscientifico al problema energetico. Sembra che chi non appoggia il nucleare non abbia competenze scientifiche, sia un idealista , faccia demagogia e non è intenzionato a risolvere i problemi energetici.
Se poi in calce alla lettera si leggono i nomi che la sottoscrivono, personalità del mondo scientifico e politico di tutto rispetto, la conclusione è inevitabile: abbiamo perso troppo tempo, appoggiamo incondizionatamente il nucleare e anzi impegniamoci a convincere la gente perché si costruiscano le centrali il più presto possibile.
La lettera è faziosa e non contiene alcun dato scientifico serio su cui ragionare. In realtà il problema energetico è complesso e le scelte che ad esso attengono non andrebbero fatte da un singolo governo ma andrebbero ampiamente discusse in parlamento per giungere poi a delle conclusioni seriamente motivate sul piano scientifico e nell’interesse della gente e non di gruppi economici interessati a quelle scelte. Viceversa abbiamo assistito ad una scelta rapida, efficientista ed indolore di questo governo che ha stipulato sottobanco accordi con il governo Francese ed ha sbandierato ai quattro venti che la costruzione delle centrali è l’unica soluzione per risolvere il problema dell’energia rispettando il protocollo di Kyoto.
Detto ciò posso provare a discutere un po’ di nucleare, senza la pretesa di esaurire l’argomento in un articolo ma con l’intento di fare un po’ di informazione.
Il costo dell’energia nucleare per KWh è superiore a quello di qualunque altra fonte energetica. Si stima ad esempio che per ogni euro investito si produce il doppio di KWh con l’eolico rispetto al nucleare. La ragione dei costi elevati è legata a molti fattori, tra cui quelli di costruzione delle centrali, i costi del combustibile e i costi della dismissione delle centrali stesse quando giungono alla fine del proprio ciclo. Questi ultimi non sono addirittura stimabili. Pensate che ancora oggi circa il 10% del costo della bolletta Enel (vedi componente A2 della tariffa elettrica; non visibile sulla bolletta ma rilevabile dal sito dell’Enel) è utilizzato per coprire i costi di dismissione delle vecchie centrali, parliamo di 23 anni fa. Il costo della bolletta elettrica in Italia è circa il 30% in più degli altri paesi europei non perché non abbiamo le centrali nucleari ma a causa di alcuni meccanismi perversi che si hanno nella vendita dell’energia (la borsa elettrica non è una vera e propria borsa) e di costi aggiuntivi che potrebbero essere eliminati. Il margine di guadagno dei produttori di energia elettrica in Italia è di circa 18 €/MWh a fronte di 10 €/MWh negli altri paesi.
E’ vero che in esercizio una centrale nucleare non genera emissioni di CO2, tuttavia la fase di produzione dell’uranio ha un impatto ambientale molto pesante. La produzione dell’uranio richiede trattamenti lunghi e laboriosi e una notevole quantità di acido solforico, ammoniaca, acido nitrico, cloruro di bario, oltre ad ingenti quantità di acqua. La miniera Olimpic Dam, situata nel sud dell’Australia, per produrre 4000 tonnellate di uranio all’anno consuma 30 milioni di litri di acqua al giorno. A questo si aggiunge che il processo di arricchimento dell’uranio comporta l’impiego di ingenti quantità di fluoro i cui composti hanno un potenziale effetto serra migliaia di volte più potente della CO2. Per riassumere si stima che per ogni KWh prodotto da una centrale nucleare, che utilizza uranio con un buon grado di purezza, vengono emessi circa 96-134 g di CO2. Per confronto una centrale termoelettrica a ciclo combinato a gas emette 350 g di CO2 per ogni KWh. Man mano però che la purezza dell’uranio diminuisce aumenta la quantità di CO2 emessa fino ad arrivare al pari di quella di una centrale termoelettrica a ciclo combinato a gas.
Purtroppo la radioattività non è visibile come il fumo e il fuoco e non produce danni apparenti se non ci investe in quantità significative come nel caso del disastro di Chernobyl. Tuttavia le piccoli dosi che si assumono nel corso del tempo possono produrre seri danni, manifestandosi con varie forme tumorali o con altri effetti non noti. Vi siete chiesti perché non potete fare tante radiografie nel corso di un breve periodo di tempo? Provate a parlarne ad un radiologo. Anche nel caso di una radiografia abbiamo a che far con effetti radioattivi ed in particolare i raggi emessi dalle macchine generatrici di radioattività vengono chiamati raggi X.
A proposito di verdi valli francesi e svizzere, cito tra i tanti esempi la località di Gueugnon. Qui laboratori indipendenti hanno rilevato livelli di radioattività 60 volte superiori al valore naturale e nella stessa località il parcheggio dello stadio di calcio è stato realizzato mischiando al materiale di costruzione circa 30000 tonnellate di scorie radioattive provenienti dalla vicina miniera di uranio. Non toccate però l’argomento del nucleare con le maestranze francesi: è tabù. La democrazia fino ad un certo punto, quando si toccano interessi come questi bisogna imparare a stare zitti e lasciare la democrazia da parte. Non voglio mettermi ad elencare i numerosi incidenti che costantemente accadono nelle centrali nucleari e che passano sotto silenzio. Accenno appena al concetto di rischio accettabile del livello di emissione di radiazione. Tale concetto non indica infatti un rischio zero per la popolazione ma l’accettabilità che un numero definito di persone dovrà morire. Qui stiamo facendo discorsi scientifici e non demagogia.
Sui livelli di sicurezza concordo con l’autore dell’articolo. Le centrali sono dotate di sistemi di sicurezza di elevatissima qualità; ma a quale prezzo? Costi sempre più alti e una forte tendenza alla militarizzazione di questi sistemi. In ogni caso sarebbe bene ricordare quanto si affermava sulla centrale di Chernobyl prima del disastro: “Un incidente al sistema di raffreddamento, in questo tipo di reattori è praticamente impossibile; le possibilità di una fusione del nocciolo sono irrilevanti, una ogni diecimila anni; anche se l’incredibile dovesse accadere i controlli automatici e i sistemi di sicurezza spegnerebbero il reattore in pochi secondi; lavorare qui è più sicuro che guidare un’auto”. Purtroppo l’impossibile è accaduto.
Finché non entreranno in funzione le centrali di quarta generazione, per ora sono ancora in fase di studio, le quali prevedono un riuso ottimale delle scorie, il problema delle scorie c’è ed è molto serio. Al di là della ricerca, difficile e complessa (si pensi per un attimo a Scansano Ionico), di siti adatti allo stoccaggio delle scorie, il problema morale che ci dovremmo porre riguarda l’eredità che lasciamo alle future generazioni. Qui non parliamo di una o due generazioni ma di moltissime di queste. Cosa succede se aumentiamo a dismisura le scorie? Quali disastri ambientali si possono ipotizzare nel caso di fenomeni naturali come terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, ecc?
L’ultima questione riguarda la dipendenza dal combustibile. Attualmente siamo dipendenti dal petrolio e dal gas, domani lo saremo dall’uranio se si farà la scelta della tecnologia nucleare, almeno per quanto riguarda l’energia elettrica perché per i trasporti la dipendenza resta. L’aggravante è che con le centrali attualmente in uso, 439, si stima che le riserve di uranio basterebbero per circa 35-70 anni, in media 50 anni. Se poi venissero realizzati tutti gli impianti programmati e proposti, circa 350, le riserve si ridurrebbero a circa 25 anni.
In conclusione, considerato che il fabbisogno nazionale lordo di energia elettrica viene coperto per il 72,8% dalle nostre centrali termoelettriche, per il 16,1% da fonti rinnovabili e per la parte rimanente, 11,2% , da energia di fonte nucleare di importazione, il nucleare oggi in Italia è una scelta obbligata?
La risposta data nell’articolo rivolto a Bersani è decisamente affermativa. In realtà ci sono delle serie alternative al nucleare e precisamente i Negawatt (energia non consumata con l’utilizzo di più efficienti tecnologie da parte dei consumatori finali) e la generazione distribuita (la produzione combinata di elettricità e calore , chiamata cogenerazione e le fonti rinnovabili distribuite). Queste alternative sono scientificamente valutabili e meriterebbero una analisi approfondita che esula dagli scopi dell’articolo.
Il problema di fondo comunque è che non possono coesistere le due scelte, facciamo qualche centrale e nel frattempo usiamo un po’ di fonti rinnovabili, un po’ di solare, un po’ di eolico e così via. O si investe nel rinnovabile, con forte ricadute sulla ricerca, sull’occupazione, sull’economia e con la conseguente produzione di KWh con basse emissioni di CO2 , o si investe nella costruzione di centrali. Si tenga infatti conto che una centrale nucleare di 1600 MW ha un costo di circa 3400 €/KW * 1600000 KW = 5,44 miliardi di euro. Questo naturalmente non esclude la possibilità di investire nel settore della ricerca nucleare.
Come si può constatare il problema energetico è molto complesso e richiede certamente un dibattito ampio che possa portare a ragioni convincenti per le scelte da farsi. Il nucleare non è ne di destra né di sinistra come dice bene l’articolo ma è necessario che una forza politica come il PD si esprima senza tentennamenti e senza demagogia. E’ auspicabile dunque che il PD, ed è questo l’invito che faccio a Bersani, discuta ampiamente del problema, senta diversi pareri scientifici con valutazioni pro e contro, utilizzi gli studi disponibili allo stato attuale, magari organizzi un convegno su questo problema in modo da avere dati su cui ragionare. Poi alla fine faccia la scelta no al nucleare motivandola in tutti i suoi aspetti e sostenga una seria battaglia politica in parlamento e se non dovesse bastare nelle piazze. La base del PD si aspetta questo da Bersani e non l’apertura totale e incondizionata alla scelta nucleare.
Giuseppe Torre
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