«La Lega non può giocare tutte le parti in commedia». Parola di Pier Luigi Bersani, segretario del Pd, che insieme agli altri dirigenti del partito da giorni martella con dichiarazioni, manifesti, interventi l’elettorato del Nord per impedire che la Lega possa fare nei suoi territori dichiarazioni buone per gli elettori padani, ma senza mettere in discussione ciò che avviene a Roma. «La spada di Alberto da Giussano è dritta a Radio Padania, ma quando arriva a Roma si flette davanti a Berlusconi» ha ripetuto ieri Bersani.
L’offensiva del Pd, in atto da tempo e cominciata già sul tema delle leggi ad personam, ha messo in difficoltà il partito di Bossi. I sondaggi elettorali dicono che la base è inquieta. Le trasmissioni di radio Padania sono piene di elettori imbufaliti. Non è più possibile nascondere la realtà. Per questo le decisioni prese da Berlusconi in splendida solitudine nel confronto con il presidente francese Sarkozy hanno avuto l’effetto del sale sulle ferite.
Il sì ai bombardamenti, il via libera a Lactalis su Parmalat, con tutto ciò che ne seguirà per i produttori di latte italiani, la brutta figura fatta fare a Tremonti: Umberto Bossi in persona ha deciso a questo punto di dare l’altolà. E quando il capogruppo alla Camera Reguzzoni ieri ha tentato di minimizzare, è intervenuto il ministro Roberto Maroni per dire che sulla evoluzione dell’impegno italiano in Libia ci vuole un voto.
Anche le opposizioni si sono orientate a chiedere un voto: il mandato già approvato dal Parlamento era sufficientemente ampio, ma le divisioni all’interno della maggioranza non consentono più di fare passi avanti in un impegno militare senza chiarezza. Il Pd ha cominciato a pensare ad una sua mozione. A questo punto, se la Lega manterrà la sua impostazione, il governo rischia una spaccatura pericolosa per la propria esistenza: Se la Lega accetterà la linea di Berlusconi, Bossi e compagni rischiano di pagare un prezzo pesante perché verrebbero visti dai propri elettori come dei “quaquaraquà”, per usare la parola che ieri ha buttato lì presidente del gruppo Pd al Senato, Anna Finocchiaro.
Le difficoltà nella maggioranza non sono dunque di poco conto. La Lega mantiene per ora una posizione dura. Berlusconi teme la vendetta di Tremonti (Titolo a tutta pagina oggi su Il Giornale). Il presidente è stato costretto addirittura a far slittare il Consiglio dei ministri e a rinviare, insieme alle decisioni sull’intervento in Libia, l’atteso rimpasto di governo.
Il gruppo dei cosiddetti responsabili è rimasto un’altra volta a bocca asciutta. Dovrà aspettare anche Maria Grazia Siliquini, tornata a sostenere la maggioranza dopo aver lasciato il Pdl: nominata nel Cda delle Poste, ha rinunciato all’incarico perché – ha detto – interessata a completare le riforme (i maligni sostengono per l’esiguità dei compensi). Improvvisamente è stata candidata alla presidenza della Consap, posto ben più remunerato. Ma anche questa possibilità è svanita per l’opposizione della stessa Consap, dove presidente è l’ex ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio.
L’offensiva del Pd, in atto da tempo e cominciata già sul tema delle leggi ad personam, ha messo in difficoltà il partito di Bossi. I sondaggi elettorali dicono che la base è inquieta. Le trasmissioni di radio Padania sono piene di elettori imbufaliti. Non è più possibile nascondere la realtà. Per questo le decisioni prese da Berlusconi in splendida solitudine nel confronto con il presidente francese Sarkozy hanno avuto l’effetto del sale sulle ferite.
Il sì ai bombardamenti, il via libera a Lactalis su Parmalat, con tutto ciò che ne seguirà per i produttori di latte italiani, la brutta figura fatta fare a Tremonti: Umberto Bossi in persona ha deciso a questo punto di dare l’altolà. E quando il capogruppo alla Camera Reguzzoni ieri ha tentato di minimizzare, è intervenuto il ministro Roberto Maroni per dire che sulla evoluzione dell’impegno italiano in Libia ci vuole un voto.
Anche le opposizioni si sono orientate a chiedere un voto: il mandato già approvato dal Parlamento era sufficientemente ampio, ma le divisioni all’interno della maggioranza non consentono più di fare passi avanti in un impegno militare senza chiarezza. Il Pd ha cominciato a pensare ad una sua mozione. A questo punto, se la Lega manterrà la sua impostazione, il governo rischia una spaccatura pericolosa per la propria esistenza: Se la Lega accetterà la linea di Berlusconi, Bossi e compagni rischiano di pagare un prezzo pesante perché verrebbero visti dai propri elettori come dei “quaquaraquà”, per usare la parola che ieri ha buttato lì presidente del gruppo Pd al Senato, Anna Finocchiaro.
Le difficoltà nella maggioranza non sono dunque di poco conto. La Lega mantiene per ora una posizione dura. Berlusconi teme la vendetta di Tremonti (Titolo a tutta pagina oggi su Il Giornale). Il presidente è stato costretto addirittura a far slittare il Consiglio dei ministri e a rinviare, insieme alle decisioni sull’intervento in Libia, l’atteso rimpasto di governo.
Il gruppo dei cosiddetti responsabili è rimasto un’altra volta a bocca asciutta. Dovrà aspettare anche Maria Grazia Siliquini, tornata a sostenere la maggioranza dopo aver lasciato il Pdl: nominata nel Cda delle Poste, ha rinunciato all’incarico perché – ha detto – interessata a completare le riforme (i maligni sostengono per l’esiguità dei compensi). Improvvisamente è stata candidata alla presidenza della Consap, posto ben più remunerato. Ma anche questa possibilità è svanita per l’opposizione della stessa Consap, dove presidente è l’ex ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio.
fonte Ufficio dei Circoli Pd
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